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Il Sole 24 Ore

Ai Paesi arabi piace il Prosecco senza alcol … Trend in aumento nelle aziende venete... Attenzione ai nuovi mercati, ai giovani e in genere alle nuove tendenze di consumo. Un vero e proprio mantra ormai imprescindibile per chi vuole distinguersi nel “mare magnum” del Prosecco. Basti pensare che nell’armata 20117, tra etichette Doc e Docg si stima che saranno sfiorati i 500 milioni di bottiglie prodotte. Ed è per questo motivo, e cioè per aprirsi nuovi spazi e magari fare anche qualche passo avanti nella sfida del valore, che sempre più produttori dello spumante veneto stanno sviluppando linee di prodotto a ridotto contenuto di alcol se non proprio senza alcol. Tra i primi (tra il 2010 e il 2011) a imboccare questa strada sono state due etichette trevigiane una di maggiori dimensioni, il brand Astoria (azienda con un giro d’affari di 45 milioni di euro) e, al suo fianco, una più piccola la Isir Vigneti che ha così puntato sul Prosecco “alcol free” che oggi copre il 50% della produzione da 800mila bottiglie. Ad accomunare entrambe la tecnologia utilizzata che si fonda su uno stesso principio è cioè quello di produrre un vino senza alcol perché con l’aggiunta di anidride carbonica viene bloccata la fermentazione. Che è cosa completamente diversa da quella di un vino dealcolato nel quale cioè è sottratto - spesso con procedimenti Chimici - l’alcol. Il brand Astoria dei fratelli Giorgio e Paolo Polegato ha cominciato già nel 2010 a lanciare la linea “9.5”, un Prosecco meno alcolico, e inseguito, dopo il positivo riscontro di mercato, ha prima rafforzato questa linea con nuove etichette e poi ha lanciato la gamma “Zerotondo”, del tutto alcol free. “Siamo partiti più di cinque anni fa - spiega Giorgio Polegato - con un’idea all’inizio non priva di controindicazioni. Basti pensare che si tratta di un Prosecco che non possiamo chiamare così: per rivendicare la Doc occorre un contenuto minimo di alcol di 10 gradi mentre qui siamo al di sotto. Tuttavia questa intuizione si è rivelata vincente e oggi produciamo complessivamente 800mila bottiglie (l’offerta arrivata a quota 6 etichette con spumanti rosé e dolci) per il 50% commercializzate all’estero”. Il passo successivo è stato quello di arrivare a un prodotto del tutto privo di alcol. “Si tratta - spiega Polegato - di un mosto da uve Cera (la varietà del Prosecco) non fermentato e che quindi resta al livello di succo d’uva, biologico, dolce, ma che conserva le caratteristiche olfattive del vitigno”. Quest’etichetta ha consentito di aprire ex novo alcuni mercati. “Innanzitutto quelli dei Paesi arabi - aggiunge Polegato -come Dubai, Abu Dhabi e Marocco che non comprerebbero Prosecco se fosse alcolico, ma anche località come i paesi caraibici o il Sudamerica”. Ma insieme ad Astoria a scommettere con forza sul Prosecco senza alcol è stata anche l’azienda Iris Vigneti di Isabella Spagnolo. “La nostra produzione alcol free - spiega la Spagnolo - è oggi quasi del tutto esportata. Oltre ai Paesi arabi il nostro Freedomind si è diffuso anche nei Paesi del Nord Europa dove la legge impone agli esercizi pubblici di avere in assortimento almeno un prodotto senz’alcol. Un buon successo lo abbiamo incontrato anche negli Usa. Per noi il mercato più difficile resta quello italiano dove ancora c’è una netta separazione tra ciò che è vino e ciò che è bibita. Ma sono certa che anche da noi questo muro presto cadrà”.

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