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Il Sole 24 Ore

Corsa continua ai nuovi vigneti ... Vino. A fronte di una disponibilità di 6.458 ettari, ci sono state domande di impianti per 164mi1a ettari... Prosecco da record: chiesti 90mila ettari contro gli 866 utilizzabili... Continua la corsa ai vigneti. Dopo il boom già registrato nel 2016 in Italia le nuove domande di autorizzazione all’impianto (le licenze che bisogna detenere insieme alla titolarità del vigneto per produrre vino) nel 2017 hanno fatto registrare un nuovo record. A fronte di una disponibilità di 6.458 ettari l’anno (un budget pari all’1% del vigneto Italia) sono state presentate richieste di nuove autorizzazioni per il numero monstre di 164mila ettari: 25 volte di più. Significativi anche i dati regionali. Secondo le cifre rese note dall’Unione italiana vini le prime regioni per numero di richieste sono ancora una volta quelle del Nord Est. Sulla scorta dei due fenomeni enologici di questi anni, Prosecco e Pinot grigio, Veneto e Friuli Venezia Giulia hanno presentato domande per piantare rispettivamente 90mila e 29mila nuovi ettari di vigneto (a fronte di una disponibilità di 866 ettari il Veneto e 249 Friuli). E considerato che in Veneto ci sono 86mila ettari di superfici vitate e in Friuli 24mila le richieste, se fossero soddisfatte farebbero raddoppiare in un anno i filari in entrambe le regioni. Ma le domande ne sono state presentate anche altrove in Italia. Si va infatti dai 14mila ettari chiesti in Puglia agli 8mila di Sicilia ed Emilia Romagna, dai quasi 4mila della Toscana agli oltre 2mila della Lombardia fino ai 1.900 dell’Abruzzo. Tutte richieste molto oltre le disponibilità. L’unica regione a chiedere meno del plafond assegnato è stata l’Umbria con 116 ettari su 128 disponibili. Dopo il boom 2016, il ministero delle Politiche agricole, insieme a regioni e filiera, provò a introdurre dei correttivi definendo alcune priorità nell’assegnazione dei fondi, come ad esempio i giovani, le produzioni biologiche o le imprese che gestiscono terreni confiscati alla criminalità organizzata. Altro criterio introdotto è quello di riservare il 50% delle nuove licenze alle Pmi viticole. Tuttavia se le domande dovessero essere triple rispetto alle disponibilità (come quest’anno) scatta una clausola di salvaguardia: vengono attribuiti mille metri quadri a tutti i richiedenti. In tutti i modi l’obiettivo di limitare le richieste è fallito. “Il punto - spiega il responsabile vino della Coldiretti, Domenico Bosco - è che la definizione di tetti o vincoli è vietata dai regolamenti comunitari. È a Bruxelles quindi che occorre lavorare o per introdurre ad esempio tra i criteri di elegibilità per la domanda quello di essere viticoltore”. Infatti, uno dei principali problemi emersi al primo anno di applicazione del sistema è stato che la maggioranza delle domande è stata presentate non da viticoltori ma da imprenditori attivi nel settore della zootecnia o dei seminativi che hanno visto nelle, autorizzazioni una buona opportunità (per giunta gratuita) per differenziare il proprio business o rafforzare il valore fondiario dei terreni visto che un ettaro a vigneto vale molto più di un ettaro a semplice pascolo. “Anche in questo caso - aggiunge il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti - la responsabilità non è del Mipaaf ma delle regioni che avrebbero potuto limitare, d’intesa con i consorzi, le autorizzazioni alle aree vocate alla viticoltura ma non l’hanno voluto fare. Ora ci rimane un’unica possibilità per frenare questa folle corsa: prevedere che la domanda di autorizzazione sia accompagnata da una fideiussione. Aspetto che potrebbe allontanare gli imprenditori che non siano fortemente motivati a entrare nel vino”. “Occorrono correttivi - conclude il responsabile vino della Cia, Domenico Mastrogiovanni - per evitare che un sistema nato come strumento per favorire la competitività del vino si trasformi in una leva per la riconversione della zootecnia”.

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