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Il Venerdi Di Repubblica

Dalla Toscana, un rosso scuro che si è fatto valere. Un tempo serviva a rinforzare il colore del Chianti. Oggi il Colorino è apprezzato come vitigno-vino “autonomo”... Da complementare a protagonista. Il Colorino (come del resto il Canaiolo, il Ciliegiolo, il Mammolo) fino a pochi anni fa entrava nella formula del Chianti.
Missione principale: rinforzare il colore. Oggi ne apprezziamo tutte le altre caratteristiche di vitigno-vino, assaggiando il Casaglia della Tenuta di San Donato. La proprietà è dei marchesi Pancrazi, come la tenuta di Bagnolo, resa celebre alla fine degli anni 80 da un Pinot nero di gran classe.
Qui, a Calenzano, la vigna occupa spazi minori (20 ettari) rispetto agli olivi (90 ettari). Vitigni principali sono oggi Pinot nero e Gamay (che in parti uguali danno il San Donato, bel rosso fruttato) e, appunto, il Colorino.
“Difficile in vigna e in cantina, ha tannini scorbutici” dice Paolo Mocali, enologo e amministratore dell’azienda. Col tempo, Mocali ha trovato la via giusta: il vecchio, caro “governo” toscano, poi maturazione in legno e affinamento in bottiglia.
Nel bicchiere: colore scuro scuro, bella intensità olfattiva (toni balsamici), ricca espressione di frutto ben sostenuta da tannini domati, autorevole. E longevo: il 2001 assaggiato ora è molto buono. A Bologna all’Enoteca Calzolari, a Firenze - Certosa alla Vinoteca al Chianti, sui 14 euro.
Autore: Gianni e Paola Mura

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