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Il Venerdi Di Repubblica

Per mantenere qualità (e prezzo) il Brunello si dà un limite ... I vigneti di Montalcino potrebbero produrre 15 milioni di bottiglie l’anno ma nei prossimi cinque anni si arriverà, al massimo, a nove, il motivo? “Meglio puntare sull’eccellenza”... Per scoprire i segreti del Brunello bisogna imboccare una strada sterrata nel cuore della Val d’Orcia, sullo sfondo il profilo medievale di Montalcino. Oltre il fiume Ombrone, dietro l’ultima collina sbuca il seicentesco Casale del Bosco, baricentro produttivo delle Tenute Silvio Nardi: ottanta ettari di superficie vitata di cui la metà nella vicina zona di Manachiara, La proprietaria è Emilia Nardi, la figlia del fondatore che dall’Umbria sbarcò qui nel 1950, oggi alla guida dell’azienda che sforna ogni anno 250 mila bottiglie (tra Brunello, Rosso, Sant’Antimo, Moscadello e Vin Santo) e le esporta in mezzo mondo, in prima fila i cru di Brunello: Poggio Doria 2004 e Manachiara 2004. Durante la vendemmia ospita studenti di enologia e sommelier provenienti da ogni angolo del pianeta. “Oggi” osserva la signora del vino alla vigilia della trasferta in Estremo Oriente per promuovere i gioielli di famiglia “il mercato è fatto di persone che acquistano pochi oggetti di lusso e tanti più economici. Per il Brunello vale lo stesso discorso,
occorre puntare sull’eccellenza”. È un buon momento per il vino Docg dal profumo intenso e dal corpo elegante prodotto da sole uve Sangiovese, simbolo dell’italian way of life: la rivista Wine Spectator ha eletto, unico italiano, il Brunello Riserva Biondi Santi 1955 tra i dodici migliori vini del Novecento. “La vendemmia 2010 è una delle più interessante degli ultimi dieci anni” sottolinea Ezio Rivella, presidente del consorzio del Brunello di Montalcino, 250 produttori in 3,500 ettari a vigneto, di cui 2.100 coltivati a Brunello, un giro d’affari complessivo di 140 milioni, Una zona con una impressionante crescita della superficie vitata negli ultimi anni da tenere, però, sotto controllo. “Abbiamo abbassato la resa media per ettaro da 80 a 70 quintali di uva”, continua Rivella. “Potenzialmente potremmo produrre fino a 15 milioni di bottiglie all’anno, ma l’obiettivo dei prossimi cinque anni è arrivare a nove, per salvaguardare la qualità e tutelare il valore commerciale”. Oggi sei bottiglie su dieci finiscono fuori dall’Italia, prodotte da aziende grandi, medie e piccole come La Fortuna (sedici ettari). Quando iniziò a produrre vino, nel 1907, Angelo Zannoni portava a Siena quattro barili a settimana con il calesse, oggi il nipote Gioberto vende (la punta di diamante è la Riserva del 2004) negli Usa e nei Paesi emergenti. “Abbiamo il vino nel sangue. Ora però bisogna conquistare nuovi mercati: se in Cina e Russia i ricchi bevessero una sola bottiglia di Brunello all’anno saremmo a cavallo”.

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