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Il VenerdÌ Di Repubblica

I vini italiani ascoltano la voce della luna ... La frontiera su cui si gioca la battaglia del vino di qualità estrema è la biodinamica, una sorta di omeopatia dei campi che fortifica il terreno e permette all’uva di raccontarne meglio i profumi. E finora hanno dominato i francesi. “Quando ci si comincia a chiedere come aiutare una vite a esprimersi pienamente, è come se si avesse una folgorazione artistica” scrive Nicolas Joly, titolare della Coulée de Serrant, produttore di uno dei vini più famosi del mondo. Oltre al suo, la biodinamica francese conta nomi come Romanée Conti e continua a guadagnare terreno in Champagne, in Borgogna, nel Bordeaux. Ora l’Italia è passata alla controffensiva. Dopo aver conquistato il primato della quantità nell’export dei vini, punta a erodere il dominio francese sulla qualità e dunque sul fatturato. E il biodinamico, una nicchia del settore biologico che cresce del 20 per cento l’anno, è una delle armi per il rilancio. Alla presidenza di Demeter, il marchio di certificazione del settore che prende il nome dalla dea greca della fertilità, è stato chiamato Alois Lageder, il maggior produttore italiano di vini biodinamici. “Demeter è un nome di grande prestigio internazionale e in Italia la sua diffusione è ancora molto ridotta rispetto ad esempio alla Germania” spiega Lageder. “Il cambio di guardia alla guida dell’ente di certificazione è nato proprio attorno a un progetto di rilancio di tutte le filiere, dall’olio agli ortaggi, dal latte al riso, e il vino è uno straordinario biglietto da visita per un’operazione di promozione del territorio. All’inizio può essere dura,la riconversione alla biodinamica richiede un certo impegno soprattutto peri primi due o tre anni, finché il suolo non si depura, non si libera dai residui della chimica. Ma poi i risultati arrivano anche dal punto di vista economico perché i consumatori riconoscono l’autenticità: sei vitigni vengono sostenuti rafforzando il loro legame con il luogo si ottengono prodotti fuori dal coro della standardizzazione”. La biodinamica, disciplina creata negli anni Venti da Rudolf Steiner, l’eclettico fondatore dell’antroposofia, suscita però perplessità per le sue tecniche non scientifiche di dialogo con il cosmo. Potrà uscire dalla nicchia in cui attualmente si muove? “Sarà pure una nicchia, ma se in questa nicchia ci sono aziende con grandi fatturati vuol dire che i nostri prodotti piacciono” risponde Lageder. “E io credo che l’agricoltura vada giudicata sulla qualità degli alimenti, non sulle teorie. Del resto nessuno dubita che il ciclo della Luna eserciti un’influenza profonda sulla Terra e ci sono molte forze dell’universo di cui sappiamo pochissimo: non tutto è dimostrabile scientificamente. Ma ad esempio l’importanza della biodiversità per l’equilibrio generale, tanto sottolineata da Steiner, ora sta emergendo come tema dominante. Credo che riconoscere i nostri limiti e muoversi con cautela e amore per la natura aiuti a coltivare meglio”.

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