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La vie en Rosé ... Piace alle donne, si beve con tutto e mette allegria: un tempo denigrato, oggi il vino rosato è protagonista di un'irresistibile ascesa. E anche le celeb si buttano nel “pink” business... Si potrebbe pensare che l’irresistibile ascesa del rosato abbia qualcosa di femminista. Sul vino né bianco né rosso pesavano indiscutibili pregiudizi. Bastava la parola “rosa” a squalificarlo: leggero, estivo, frivolo. Però le donne cominciano a contare. Se amano il rosa, e lo scelgono più degli uomini, ci vuole poco a farne un vino di successo. Tanto per dare l’idea, aziende distributrici come Amc e Lot18 hanno lanciato bottiglie dedicate alle eroine di The Walking Dead (undici stagioni di battaglie contro gli zombie) e il rosé è per Carol, la più forte. Non ci sono evidenze sociologiche sulla questione di genere (in Brasile il rosé piace più ai maschi) ma ci sono sulla mania del colore Pink Millennial, che ha contribuito a far circolare su Instagram milioni di selfie con brindisi rosa. Questa tempesta perfetta (donne + Millennial + altri) ha decretato un successo per alcuni inspiegabile. Secondo Chiara Bassi, sommelier e wine blogger, i rosati piacciono perché è facile abbinarli ad antipasti, primi piatti, secondi di pesce, pasticceria secca o dessert al cioccolato. La coppia da provare? “Pancetta cotta leggermente affumicata avvolta su grissini salati, con un bicchiere di vino rosato salentino da uve primitivo”. I numeri non mentono, e sono in salita co-stante negli ultimi cinque anni. Neanche la pandemia è riuscita a fermarli. Forse il colore è un invito al pensiero positivo. Forse il mantra “Think Pink” si è trasformato, con un gustoso scambio di consonanti, in Drink Pink. Elizabeth Gabay ci ha scritto addirittura un libro, parlando di Pink Revolution. I rosati (2,8 miliardi di bottiglie bevute nel mondo nel 2019 (il 9 per cento sul totale vini fermi) sono un fenomeno globale. Primi, gli inglesi (dal 50 per cento del 2019 al 52 per cento a luglio 2020), seguiti dai tedeschi (dal 45 al 48 per cento), dai canadesi (stabili al 39) e dagli americani (in crescita dal 35 al 37 per cento). E le proiezioni parlano di numeri futuri ancora più alti, conferma Wine Economist, anche a tre cifre, negli Usa, per alcuni segmenti di mercato. E il nostro prosecco rosa darà il suo contributo perché unisce due mode in una sola bottiglia. Chi sono i winelover in rosa? Le donne, appunto, che lo bevono 2-5 volte a settimana, e i Millennial che l’hanno adottato per l’happy hour senza farsi troppe domande sul vitigno. Anzi, all’inizio, contava soprattutto il colore, che doveva essere carico, instagrammabile nelle sue mille sfumature. I francesi, grandi produttori, ne hanno classificate nove: marmo rosa, uva spina, buccia di cipolla, mattone, lampone, carne, palissandro, salmone. Ma potremmo arrivare a cinquanta: ciliegia, pesca, melograno, albicocca, orchidea... Oggi la moda vuole rosati sempre più eterei, pallidi, dal cipria al marmo, in-forma Baudouin Havaux, presidente del Concours Mondial de Bruxelles, “soprattutto nei locali di tendenza. Ma l’immagine del rosé sta cambiando, ormai è considerato un vino a sé stante, non soltanto estivo, con i suoi codici di gusto. Il consumo si aggira intorno al 10 per cento per tutte le tipologie, secchi e dolci, fermi e frizzanti”. Guai a relegarlo nella categoria “da aperitivo”, barbecue, piscina. A L’Aquila per la Food&Rosé Selection, vini rosa provenienti da più di dieci nazioni e centinaia di denominazioni geografiche, da perdere la testa, sono stati abbinati, con degustazione alla cieca di 45 giudici, ai piatti abruzzesi. È stato un trionfo. Il rosa va con tutto. Anche sulla pizza gourmet di Carlo Cracco, dice chi l’ha provato. Si moltiplicano le classifiche, i contest itineranti e le guide. E, dal nord al sud, anche i produttori che non l’avevano mai presa in considerazione, hanno raccolto la sfida. Si fa il rosa in Sicilia, a Noto, con l’uva di Nero d’Avola, che dà rossi potenti (e il rosé della cantina Modica non è da sottovalutare: ti taglia le gambe), o sull’Etna con il Nerello Mascalese. Il Consorzio del Chiaretto e del Bardolino ha pensato che la terza via del vino meritasse anche un’icona tutta sua, l’emoji Pink Wine: due calici di vino rosa nell’atto di brindare, coronati da un piccolo cuore. Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio spiega: “Bianchi e rossi sono molto rappresentati. Perché non dare ai rosati un’emoticon da postare sui social? ”. Fatto. Ci si sono messe anche le celebs. I Brangelina non stanno più insieme, perciò sono solo Mr. Pitt e Mrs. Jolie, ma li unisce ancora Fleur de Miraval, lo champagne rosato che nasce nei 500 ettari di Còtes de Provence. La principessa del pop Kylie Minogue è entrata nel business. In Gran Bretagna, da Tesco, trovate il suo Signature Rosè. Il rapper Post Malone si è fatto notare con il Maison No. 9 (prende il nome dalla sua carta preferita dei tarocchi, il 9 di spade) prodotto nel sud della Francia: ha venduto su Vivino cinquantamila bottiglie in due giorni. Nel video promozionale lui e i suoi due soci sfrecciano in vespa, ovviamente rosa, tra i vigneti. John Bon Jovi ha lanciato il Languedoc rosé Hampton Water in collaborazione con il figlio. Drew Barrymore, ex bimba prodigio di E.T., oggi imprenditrice pluridivorziata, produce un rosé, ma si è talmente appassionata che vuole farne altri, di sfumature diverse. Da noi c’è Zucchero, con il rosato della cantina Lynae a Castelnuovo di Magra (La Spezia), da uve Vermentino, e Andrea Bocelli con il Rosè Premium Cuvèe a Lajatico (Pisa). Insomma, ci vogliono essere tutti. Moèt & Chandon si è addirittura inventato il primo champagne rosé da bere con ghiaccio, pratica considerata un tempo abominevole. Ma la moda è liquida e “la vie”, per il momento, è “en rosé”.

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