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L'avvenire

Vini rubati? Lezioni per il made in Italy…Li chiamavano la “Banda del Brunello” perché si erano specializzati nel ripulire i supermercati del Nord Italia. Sceglievano solo le migliori etichette e potrebbero dare lezioni agli stessi produttori senesi, visto che da anni riuscivano a piazzare nelle enoteche del napoletano migliaia di bottiglie rubandole una ad una, sfidando le telecamere e l’arresto. Li hanno presi - ironia della sorte - nello stesso giorno in ci il presidente del Consorzio di tutela del famosissimo vino toscano, Baldassarre Filippo Fanti, annunciava che nelle cantine senesi giacciono invendute un milione di bottiglie. Un allarme dinanzi al quale la performance della gang partenopea suonano come una beffa ma anche un invito a tutto il mondo del vino a cambiare rotta. Anche perché l’alternativa, come ci insegnano in questi giorni i cugini di Oltralpe, è di convertire intere cantine di docg in liquore o addirittura in benzina per motori ecologici. La notizia della banda del Brunello torna alla memoria, come un monito nel giorno in cui l’Italia ritrova il proprio primato nelle esportazioni in Usa. Un bel successo, meritato, ma che non deve farci dimenticare che il Sistema Vino ha bisogno di un poderoso aggiornamento. Prendiamo proprio l’esempio del Brunello di Montalcino, che, si sa, è il principe dei vini italiani e da tempo le sue annate migliori sono diventate oggetto di investimento persino per le banche.

Merito dei vitivinicoltori toscani, che hanno investito in vigne, cantine e marketing, raggiungendo eccelsi livelli di qualità e difendendosi con i denti dai pirati che sfruttando le brecce della legislazione comunitaria, cercano di piazzare il Brunello cileno sudafricano. Se però una bottiglia di vino, per quanto sopraffina e insignita della denominazione più blasonata (la docg) raggiunge un valore talmente elevato sempre sopra ai trenta euro, ma al ristorante si raddoppia, da giustificare i costi di un’organizzazione criminale, forse è giunto il momento di un esame di coscienza per il nettare degli dei.

Non c’era nulla di inedito nei “colpi” gang napoletani, né avesse inventato dei modi ingegnosi per “imboscare” le bottiglie senza farsi riprendere dalle telecamere dei supermercati, né che si fosse organizzata per ottimizzare le “spedizioni” al Nord e neppure che avesse creato una rete di “clienti” pronti ad acquistare a prezzo “scontato” le preziose etichette e a riemetterle sul mercato, ovviamente a prezzo pieno. La vera novità consisteva nel fatto che la Banda del Brunello, per alimentare in modo continuo la propria “rete commerciale” si facesse carico di rischi superiori a quelli delle gang tradizionali che rapinano una tantum i tir della grande distribuzione. Per fornire alla propria “affezionata clientela” solo le bottiglie migliori - cioè le più costose - i suoi esponenti provvedevano a “fare la spesa” di persona e infatti sono stati colti diverse volte con le mani nello scaffale.

Questa “impresa” nasceva su un rapporto tra rischio e prezzo, in cui il secondo, che costituiva anche il ricavo dell’azione criminosa, aveva superato largamente il primo. Lo stesso consorzio ce lo conferma, recriminando sull’«aggressione dei nuovi Paesi produttori, che presentano prodotti interessanti nel rapporto-qualità-prezzo» e mette sotto accusa le “politiche di prezzo praticate da certe aziende” che danneggiano tutti i produttori. Ma il problema non è (solo) l’ingordigia di pochi e forse neppure solo un problema della filiera vitivinicola. Vini, pasta, salumi e formaggi del Belpaese posseggono un plusvalore, fatto di qualità e di cultura, che permette di chiedere al consumatore un sacrificio in più al momento del conto, ma, soprattutto in tempi di vacche magre, non possono sottrarsi neppure loro al rispetto delle regole più elementari dell’economia. Per le quali il prezzo non è una variabile indipendente che si può aumentare a piacere. Quindi, mentre applaudiamo al successo del made in Italy, preoccupiamoci di renderlo duraturo con misure strutturali. Perché sarebbe doloso, un giorno, fare il pieno di Brunello.

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