02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

L'espresso

Una guida da degustare ... Esce Vini d’Italia 2007 dell’Espresso. Un viaggio attraverso 20mila assaggi... Loro non è che non lo sappiano. Ernesto Gentili e Fabio Rizzari, curatori de “I Vini d’Italia 2007”, la guida dell’Espresso giunta alla sesta edizione, sorridono quando gli si ricorda lo sketch del comico Albanese nei panni di un finto critico degustatore: “La comicità di un certo lessico legato ai vini è innegabile, tanto che noi abbiamo persino voluto sottolinearlo nell’introduzione al glossario. Ci sono espressioni come “naso chiuso e reticente”, o “bocca irradiante”, che lette fuori contesto possono suonare involontariamente ridicole”. E usate dal comico finiscono per scatenare l’ilarità. Anche se, a ben vedere, il pubblico che prende confidenza con il lessico enologico è in aumento: si moltiplicano i corsi di degustazione, soprattutto a Roma, capitale italiana anche per quanto riguarda il mercato del vino: Sapersi orientare leggendo la lista dei vini al ristorante, saper scegliere e degustare, sono competenze che assurgono a status symbol. Proliferano anche le guide, per cui, prima di arrivare a scegliere il vino, si pone uno scalino preventivo: come scegliere le guide? “Per il pubblico è sicuramente difficile scremare”, risponde Fabio Rizzari: “Il consiglio è di scegliere un marchio che dia garanzia di serietà. Poi, al di là dei premi distribuiti dalla guida e del loro effetto mediatico, ci sono domande a cui il lettore deve trovare risposta: che tipo di vino fa quel produttore, il rapporto qualità-prezzo, i consigli su come e quando berlo, se è il caso di lasciarlo invecchiare”. Utilissima è anche l’indicazione del numero di bottiglie prodotte: se sono poche migliaia, le chances di trovarlo in enoteca scendono drammaticamente, anche se in questo sta uno dei principali meriti di una guida: dare visibilità ai piccoli produttori, che con poche migliaia di bottiglie resterebbero sconosciuti ai più. Poi c’è la serietà del metodo: quello che fosse il grande pubblico non sa è che, per via dei tempi di lavorazione, l’assaggio delle nuove annate è concentrato tra aprile e agosto, periodo in cui , per dirlacon il loro lessico, occore “intuire i lineamenti futuri di un’annata ancora in embrione, prevederne lo sviluppo in bottiglia”. Una sensibilità mica da poco, considerando che un team di otto persone ha assaggiato, solo quest’anno, 20 mila bottiglie, tutte degustate alla cieca, cioè dopo aver coperto le etichette e reso anonime le bottiglie. Ma non è il nome del produttore la sola influenza a cui il critico deve restare inossidabile: “Proprio perché il vino è diventato di moda, ci sono tendenze fugaci che noi dobbiamo ignorare”, spiega Ernesto Gentili: “Il nostro lavoro va oltre le mode, dell’entusiasmo effimero per una zona o per un vitigno”. Un esempio trascorsi gli anni delle note dolci, conferite spesso anche dal legno delle barriques, ora c’è una corrente “neopauperista” che recupera antiche tecniche, come la vinificazione in orci di terracotta, che non disprezza una forte acidità ed ama (scusate il lessico)una certa durezza dei tannini (l’effetto allappante). Poi, a stuzzicarle, Gentili e Rizzari cedono e soddisfano le nostre curiosità su mode e tendenze: forti delle loro statistiche, confermano un interesse per i vitigni autoctoni, Aglianico in primis, ma anche per vitigni “nascosti”, ora riscoperti, come il Ruché. Fra i territori da cui vengono le cose più interessanti, il confine sloveno e soprattutto la Sicilia orientale, su cui i due curatori della guida vini dell’Espresso hanno scommesso già da qualche anno: in particolare modo i vini dell’Etna cominciano a essere oggetto di una meritata attenzione. E di fronte all’impasse: “Me lo bevo adesso o tra vent’anni?”, gli esperti ricordano che la durata del vino non è un valore assoluto, ma una funzione del prezzo. Un esborso di centinaia di euro giustifica l’attesa di un vino d’arte, come quel Léoville Poyferré del 1900 su cui Roberto Cipresse chiude “il romanzo del vino”, pubblicato in questi giorni da Piemme: “Ben più vecchio di me, quel vino era sopravvissuto a intere generazioni… Tutto ciò che era stato intorno a lui, dal grappolo alla cantina, dalle premure delle madri agli incubi dei soldati, era stato ma non era più. Quel vino era il solo sopravvissuto, e dopo quasi un secolo parlava”. In fondo, è questo che persino chi degusta per lavoro migliaia di bottiglie ogni anno continua ed esorta a cercare in un vino: emozioni.
Autore: Roberta Corradin

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su