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L'espresso

Profondo rosso ... Vini maschi. Possenti come certi aglianici. Affascinanti come i rossi dell’Etna. Tra le novità di Vini d’ Italia 2008... È scoppiata l’era dei vitigni alpha: uve robuste, ruvide, antiche. Di quelle con poche incertezze. Al pari dei maschi dominanti, uve testarde, abituate alle intemperie, alle stagioni miti che d’improvviso tradiscono col gelo. Spavalde in condizioni estreme: terreni vulcanici, zone sabbiose, aree che soffrono la sete. Ma ci sono anche i vini nobili, più raffinati, frutto di una sapienza enologica elaborata nel corso di svariate generazioni, nella settima edizione della guida “I Vini d’Italia” dell’Espresso. Che arriva anche quest’anno in libreria con un bagaglio di cifre di tutto rispetto: più di 20mila vini assaggiati, 10mila recensiti, 2.200 produttori raccontati. Per celebrare l’olimpo del made in Italy da bere: 13 produttori “tre stelle”, 159 vini dell’Eccellenza, 50 outsider, ottimi nelle loro tipologie, e i “migliori acquisti”, regione per regione.
Diretta da Enzo Vizzari, e curata da Ernesto Gentili e Fabio Rizzari, “I Vini d’ Italia 2008” sarà presentata l’1l ottobre a Firenze, alla Stazione Leopolda, in collaborazione con Pitti Immagine. Aseguire, il consueto appuntamento con l’ Asta dei vini pregiati e da collezione organizzata dalla casa Pandolfini: 160 lotti, italiani e francesi, e un’ attesa verticale di Mouron Rotschild.
La regione... Esplode, come terza forza tra le regioni italiane dopo la Toscana (con 37 eccellenze) ed il Piemonte (a quota 35), la Campania, arrivando a 13 vini d’ eccellenza rispetto ai 5 dello scorso anno. Merito dei suoi Taurasi e dei suoi bianchi, Greco e Fiano in testa. E merito, soprattutto, di una generazione di produttori che, come per la nouvelle vague della ristorazione, è riuscita a valorizzare al massimo le materie prime . “La Campania è un ricettacolo di vitigni autoctoni di grande ricchezza. Ha una terra di origine vulcanica che dà caratteristiche molto forti. Tutto ciò, unito al lavoro degli enologi, sta dando ottimi risultati”, nota Gentili. Conseguenza? Sul trono dei rossi, con un punteggio di 19,5 su 20, a pari merito dell’Amarone della Valpolicella Classico 1998 Quintarelli Giuseppe, sale il Taurasi Riserva Radici 2001 Mastroberardino. Ma anche produttori molto più piccoli, come quel Salvatore Molettieri da Montemarano, la cui Riserva 1999 fu scovata qualche anno fa proprio dalla Guida L’espresso, confermano un ottimo andamento: il possente Taurasi Vigna Cinque Querce Riserva 2002 è stato considerato uno dei migliori vini in senso assoluto.
Gli outsider... Una nuova categoria destinata a mettere in luce vini che non hanno ancora raggiunto l’eccellenza. Ma che toccano, ognuno nella loro tipologia, traguardi elevati. “In questa selezione abbiamo incluso i migliori Lambrusco, Prosecco, Santa Maddalena. C’ è un cesanese del Lazio, un vermemino sardo, un cirò calabrese”, dice Gentili: “Ed è una sezione nuova in linea con la filosofia che sovrintende la Guida: accendere curiosità nei consumatori”. “Il lettore è il nostro principale interlocutore”, nota Rizzari: “Per decenni c’è stato un vino da degustare e uno da bere a tavola. Le classifiche tendevano a privilegiare vini di grande sfumature e di grande concentrazione, non adatti, però, a essere bevuti quotidianamente a tavola. Questa categoria ci ha permesso di privilegiare un approccio diverso, e di suggerire vini da bere veramente. Ecco il perché di certi lambruschi, a lungo sbeffeggiati dai più snob. E oggi riabilitati come vini facili ma non banali”. Perché una tendenza nuova si va consolidando nel narcisistico mondo del vino: la ricerca di vini originali. “Resiste un consumo di vini esibizionistici, per colore, concentrazione, ricchezza di note di legno”, aggiunge Rizzari: “Ma oltre a questi vini ruffiani cresce la richiesta di vini meno siliconati, più naturali. Originali nel gusto. Prodotti da uve meno note”.
I vitigni... E anche i nomi sono meno comuni. Il pallagrello campano, per esempio (“Quello nero dà dei vini che sono un anello di congiunzione tra il vino concentrato, massiccio, più adatto alle degustazioni, e quello che si beve normalmente”, dice Rizzari). Il garganega, vitigno del Soave. Sulla scia si accoda l’aglianico (declinato nel Taurasi, nel Falerno, nel Taburno), il vino più alla moda del momento, tanto da essere diventato il co-protagonista di un romanzo: “Storia controversa dell’ inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo”, di Gaetano Cappelli (Marsilio). “La moda ha un fondamento reale: l’ aglianico è davvero un grande vitigno. Un luogo comune lo considera il barolo del Sud: c1iché un po’ datato, ma fondato”, dice Rizzari.

Casi vincenti...
Vini con personalità, dunque: forte, meglio se autentica. Se c’è una regione che dà frutti con queste caratteristiche è la Sicilia, che si conferma dinamica e in crescita: dieci i vini che quest’anno entrano tra le eccellenze. Il contributo decisivo arriva dall’area orientale, con i rossi dell’Etna nel ruolo da protagonisti. “Qualche caso emblematico? L’Etna Rosso Outis di Biondi e il Nerobufaleffj di Gulfi”, dice Gentili: l’uno prodotto a un altitudine che ha ripercussioni importanti sulle uve, e su terreni fortemente minerali. L’altro ottenuto dai vigneti alle spalle di Pachino, dove il nero d’Avola è una vocazione antica. “In più, rispetto agli anni scorsi, anche le aziende che si dedicano a vini di stampo internazionale, i Firriato, i Tasca, hanno capito che è necessario valorizzare vini con personalità forte”. Meno omologati. E di pari passo al miglioramento delle tecniche, emergono sorprese. Come il primitivo di Manduria “Passione” di Savese: “Un primitivo impressionante, che per questo considero un caso: molto più dolce e naturale di quelli a cui siamo abituati”, dice Rizzari: “Anche se il paragone non è stilisticamente appropriato, è un vino che potrebbe competere con certi grandi porto vintage”. I produttori Certo, c’è la squadra di testa: l’abruzzese Valentini, i Terlano dell’Alto Adige, la serie dei piemontesi, e i grandi toscani. Ma le curiosità, anche quest’anno, non mancano. Le più interessanti arrivano, secondo Rizzari, dalla Sardegna: da vini non appiattiti su standard industriali, prodotti in aree spesso ignorate dal mercato. “Come la malvasia di Bosa dei Fratelli Porcu, deliziosa, di rara purezza espressiva, e non a caso inserita, con cinque bottiglie, tra le eccellenze. Ma anche una versione dolce della malvasia di Bosa, 1’Alvarega, prodotta da un vignaiolo ottantasettenne, uno che fa vini difficili da capire, secchi, tesi, supertannici, di stile ossidativo: l’esatto contrario, insomma, dei vini di moda. Eppure i vini di Battista Columbu comunicano un senso di abbacinante verità”. Un nome da film? Già fatto: è il commovente personaggio che apriva e chiudeva “Mondovino”.

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