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L Messaggero

L’export sostiene la domanda anche per il Chianti. Esce il Brunello ’97, prezzi alle stelle ... Amici del vino di qualità, mano al portafogli. Per avere una bottiglia di Brunello di Montalcino Riserva ’97, annata d’oro al debutto in questi giorni, preparatevi a spendere almeno 60 euro. In cantina (e c’è poi l’Iva) difficilmente le mollano a meno di 35-40. Il ricarico del rivenditore è almeno del 40%. E i conti sono presto fatti.
Se i bilanci del vino toscano di alta gamma delle varie annate "deb" (hanno appena fatto il loro defilé Chianti, Montepulciano, Montalcino e supertuscans, cioè i vini fatti con uve internazionali come Cabernet e Merlot) si limitassero alla Riserva di Brunello, le cose andrebbero comunque bene. La produzione è limitata, la richiesta alta e, malgrado la contingenza non rosea, la domanda mondiale per vini da élite regge comunque.
Ma il Brunello Riserva è solo un pezzo, e non certo il maggiore, della produzione toscana, cartina tornasole del comparto nazionale. E sul complesso, le cose stanno un po’ diversamente. Malgrado i 5,5 milioni di bottiglie targate Brunello, con un fatturato 2002 di 143 milioni di euro, +10% dichiarato sul 2001, e le 700.000 di Riserva. Poca cosa, rispetto ai 269.252 hl del solo Chianti Classico, quasi 35 milioni di bottiglie equivalenti, e agli stessi, restanti 7 milioni di bottiglie montalcinesi non targate Brunello.
E per il Chianti, come per la stessa Montalcino, e per buona parte del vino italiano, i clienti privilegiati non siamo più noi (il che spiega anche la deriva dei prezzi). Il Chianti ha solo al 34% l’Italia come mercato. E tra gli stranieri che coprono il restante 66%, i primi sono Usa (32%) e Germania (23%): mercati in crisi a prescindere dagli stessi venti di guerra, con il primo che oggi sciorina nuove ritrosie, e concorrenza globale spietata, per vino da oltre 9 dollari a bottiglia che non porti con sé una quota di prestigio assoluto come valore aggiunto.
Sensata allora l’apprensione che, pur poco confessata, serpeggia sotto le vernici toscane. E sensato l’allarme che un advisor intelligente e navigato come Daniele Cernilli ha lanciato dalle colonne del Gambero Rosso, la rivista di settore che, sin qui, ha "tirato" la qualità del nuovo vino nostrano senza quasi mai drammatizzare - ritenendoli tributi alla crescita - i vistosi aumenti segnati, ben oltre ogni tasso inflattivo, dalla merce-vino negli ultimi lustri.

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