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La Madia

Cuccuruccucù paloma - Concerto di Franco Battiato……questa cucina “esibizionista”, tutta tecnica e scenografia, è di fondamentale importanza per il settore perché è sintomo di necessaria vitalità, e quindi di progresso. Ci sembra tuttavia che l’eccessivo camaleontismo dei piatti, il continuo ricorso al melting pot, l’uso esasperato delle contaminazioni, gli esercizi di stile, i virtuosismi sulle note alte possano creare alla lunga un disorientamento e una conseguente disaffezione del pubblico…..Di fatto potrebbe essere controproducente che in un contesto storico nel quale la perdita dei punti di riferimento è all’ordine del giorno, anche la cucina voglia percorrere la strada della perdita delle proprie specifiche identità.
Chiudete gli occhi in certi buoni ristoranti e mangiate: a fatica riuscirete a distinguere con esattezza cosa avete in bocca, e i profumi spesso non vi aiuteranno, addomesticati e rarefatti come sono; ma soprattutto non saprete se siete a Verona o a Palermo, a Bologna o a Firenze, o addirittura a Berlino. Tutto è così fusion, tutto è così multietnico, tutto è così artefatto! L’Identità della cucina veneta mortificata sotto le immarcescibili fette di lardo di Colonnata, la tradizione romagnola imbrogliata dietro una grattugiata di bottarga sarda…e così banalizzando. (E d’altronde la stessa cosa succede per i vini).
Intendiamoci, non c’è in noi nessuna ansia di restaurazione, nessun abbandono nostalgico. Crediamo tuttavia che uno chef non si debba sentire tale solo facendo cucina “creativa” e che i critici non dovrebbero esaltare tutte e solo le “lasagnette di biscotto di verza ligure con caponatina rococò, uova di quaglia in camicia piquet, vinaigrette al tartufo di Andria e lischi croccanti marchigiani (24 euro)”, ancorchè ben fatte. Non vorremmo dover rimpiangere davvero “due spaghi” come dio comanda e un cuccurucucù paloma da grande chef.

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