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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

L’arte del vino dimenticata dal business - In principio c'erano pochi pionieri: Mario Soldati, Gianni Brera, Luigi Veronelli. I cultori del vino e dell'enogastronomia si contavano sulle dita di una mano che parlavano agli italiani di bottiglie preziose, cantine introvabili, raffinatezze nascoste nella profonda provincia italiana. Poi arrivò il diluvio … il vino è oggi moda, tendenza, culto, e, soprattutto un grande business e generatore di business: vino e territorio, vino e turismo, vino e moda, vino e belle donne. Di conseguenza, le guide del vino, con i loro punteggi, assaggi, classifiche sono diventate le bibbie dei novelli enogastronauti, i loro curatori sono improvvisamente balzati alla ribalta delle cronache: degustano, decantano, classificano, fanno passerella in tv. Alla rustica e disarmante schiettezza di un Veronelli si oppone una novelle vogue fatta di critici che fanno parlare di loro e delle loro scelte tutto l'anno per promuovere i prodotti editoriali, che ormai escono a getto continuo e che hanno bisogno di inserzionisti e pubblicità. Quando i critici non bisticciano tra loro, c'è chi si dedica a fare la guida delle guide incrociando giudizi e voti ... Ma una ricerca dell'Università di Brescia ha dimostrato che sono una minoranza gli italiani che si lasciano influenzare nell'acquisto di una bottiglia dalle recensioni e dai voti delle guide. Poi perché questi critici paludati, linguacciuti, tristi, retorici, un po' bolsi, sono l'antitesi esatta del concetto stesso di vino che è convivio, gioia, piacere della compagnia e della buona tavola … Sul palcoscenico dell'enobusiness, fra tanti tromboni e tromboncini armati di penna, i vignaioli sembrano essere rimasti gli unici a non montarsi la testa.

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