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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Bufera sul voto italiano: «Sì al vino con uva Ogm» ... Da un Ogm all'altro. Archiviato momentaneamente il «caso sementi» di mais e soia con la scelta della tolleranza zero, le polemiche sui prodotti geneticamente modificati riesplodono su un prodotto - il vino - che oggi rappresenta una delle bandiere più gloriose del made in Italy nel mondo, assieme alla pizza, alla Ferrari e alle griffe della moda. Verdi in rivolta. Proprio alla vigilia della presentazione a Montalcino del Brunello del secolo (l'annata '97), arriva come una doccia fredda da Bruxelles la notizia dell'approvazione di una direttiva in sede tecnica che disciplina la commercializzazione (in un eventuale futuro) di vitigni geneticamente modificati riformando precedenti norme risalenti al lontano 1968. Bruxelles si affretta a precisare che «né il vino né le viti Ogm sono fra noi» e che la direttiva serve solo a garantire il consumatore con maggiori controlli e norme di sicurezza di fronte all'eventuale autorizzazione a Ogm in campo vitivinicolo. In sostanza le future richieste di «via libera» vengono fin d'ora vincolate ad attente valutazioni dei rischi per la salute dell'uomo e per l'ambiente. La portavoce del commissario Byrnes ha ribadito che si è trattato solo «di inserire una tutela su un caso futuro per ora del tutto ipotetico» e che la direttiva «non è un assegno in bianco» come invece sostengono polemicamente gli ecologisti, Greenpeace in testa. Ma il caso brucia, e il ministro delle Politiche agricole Alemanno si fa sentire con parole pepate: «Il voto italiano, favorevole alla direttiva, è stato espresso dagli uffici tecnici senza alcuna mia autorizzazione; verificherò chi ha autorizzato i rappresentanti dell'Italia a esprimere questo voto». Di per sè, spiega Alemanno, la direttiva non rappresenta alcun pericolo, ma su quel voto il ministro vuole vederci chiaro. Il suo predecessore Pecoraro Scanio, oggi presidente dei Verdi, che era riuscito a far rimandare due volte l'approvazione della direttiva, oggi rialza la voce: «E' una scelta irresponsabile - dice - un attacco alla sicurezza e alla qualità. Evidentemente la vicenda mucca pazza non ha insegnato nulla». E chiama a raccolta tutti i Verdi europei per opporsi «anche con azioni giudiziarie all'approvazione della direttiva». «Non fermate la ricerca» Sulla scia si muove Slow Food. «Daremo battaglia in ogni sede - dice il vicepresidente Giacomo Mojoli - contro gli Ogm nel vino, a partire dalle nostre guide sui vini e ristoranti dove segnaleremo cantine e locali che propongono vini 'contaminati'». «Cosa faremo - insiste Mojoli - il giorno in cui fossimo costretti ad ammettere che vini prestigiosi come il Barolo sono ottenuti da viti transgeniche? Sarebbe la fine, il crollo dell'immagine della nostra vitivinicoltura di qualità. Sappiamo che sperimentazioni Ogm sono in corso in Usa e Australia, ma l'Europa deve restare off limits». Meno allarmato è un nome del vino di qualità come Ezio Rivella, grande winemaker di Brunello, oggi presidente dell'Unione Italiana Vini: «Non mi fascerei la testa per l'approvazione di questa direttiva. Oggi vino e viti Ogm sul mercato non ce ne sono, restano vietati. E non serviranno neppure in futuro perché oggi il vino funziona solo se è di qualità eccelsa, altrimenti non va. Da decenni disponiamo di vitigni ibridati, derivanti da incroci, resistenti alle malattie; ma non davano buoni vini e nessuno li ha mai usati». Anche Confagricoltura smorza i toni: «Non si tratta di una apertura al vino transgenico, che oggi non viene prodotto. Ma solo di un inquadramento normativo della questione Ogm nei materiali di riproduzione della vite nell'ambito della revisione già approvata della direttiva 90/220 sull'emissione nell'ambiente di Ogm». Piena assoluzione, infine, da Mario Consorte, presidente dell'associazione enologi italiani e membro della Federvini: «Non si possono mettere le briglie alla ricerca, non si possono fermare le sperimentazioni controllate; se fosse prodotta una vite resistente agli agenti patogeni, ad esempio, i coltivatori avrebbe meno bisogno di fitofarmaci, a tutto beneficio della salute dei consumatori».

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