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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Il vino italiano sulle barricate … “Se il vostro vino è di così grande qualità ed è cosi richiesto sui mercati esteri, perché ogni anno chiedete misure di sostegno (distillazione) per diversi milioni di ettolitri?”. Le parole del commissario agricolo europeo Marianne Fischer Boel, ospite all’ultimo Vinitaly, gelarono la platea di produttori e giornalisti corsi ad ascoltarla nel ‘tempio’ del business enologico nazionale. Erano le premesse della proposta di riforma dell’Ocm vino (cioè del mercato vitivinicolo) che sarebbero venute da lì a qualche mese, all’insegna della più decisa deregulation. Si va dall’estirpazione (volontaria) di vigneti comunitari fino a 400.000 ettari in 5 anni con un contributo Ue globale di 2,4 miliardi di euro, all’abolizione di tutte le misure di sostegno al mercato quali l'aiuto per la distillazione dei sottoprodotti, l'aiuto per il magazzinaggio privato e l'aiuto per l'uso del mosto. Un tratto di penna anche sulla distillazione di crisi. Prevista una dotazione nazionale di fondi per finanziare le misure che meglio si adattano alle rispettive situazioni locali (tra cui prepensionamenti per i produttori). Poi semplificazione della politica della qualità (due categorie di vini anziché le attuali tre: solo vini a indicazione geografica e vini senza). Etichettature meno complesse con l’ammissione (oggi vietata) dell’indicazione del vitigno e dell'annata anche per i vini senza indicazione geografica. Divieto di zuccheraggio per aumentare il titolo alcolometrico e, per compiacere il Wto, eliminazione del divieto di vinificare nel territorio comunitario mosti importati e di miscelarli con i vini comunitari.

Questa la ‘bomba’ sganciata su un settore tuttora afflitto da sovrapproduzione e che stenta a fronteggiare la concorrenza dei paesi del Nuovo mondo (Australia, Cile, Nuova Zelanda…) al punto che, come denunciato dall’Associazione enologi, l’Europa sta per diventare importatrice netta di vino, cioè quello importato supera l’export.

Le prime reazioni in Italia al progetto (che dovrebbe decollare nei primi mesi del 2007) sono state tra il negativo e le barricate. Tra i più ostili Confagricoltura: “Le politiche annunciate dalla Commissione non sono risolutive per le problematiche del settore vitivinicolo europeo”, taglia corto il presidente Federico Vecchioni dopo una riunione con la sua Federazione di settore. “L’approccio della Commissione è di corto respiro: le proposte sono rivolte alla riduzione della produzione e della superficie, senza riferimento ad alcuna politica di riorganizzazione dell’offerta, né a programmi di promozione del consumo.” L’Europa è leader di mercato “e deve avere il coraggio di imporre il proprio modello produttivo, basato sulla tradizione e sul legame con il territorio”. Fra le pieghe della riforma ci sarebbe anche il via libera al vino ‘di Pinocchio’, cioè all’uso dei trucioli per invecchiare artificialmente il vino al posto delle barriques. Proposta contro cui si è mosso uno schieramento trasversale formato da Città del Vino, Coldiretti e Legambiente. L’on. Ermete Realacci, deputato dell’Ulivo, ha presentato una mozione, sottoscritta da parlamentari di maggioranza e opposizione, per chiedere al Governo un impegno contro la normativa sull’uso dei trucioli e per tutelare il vino italiano di qualità.
La partita vino è solo agli inizi ma l’Italia vuole giocarla bene. Il settore vale 9-10 miliardi di euro ed è la prima voce attiva del nostro export agroalimentare. Sottovalutare la partita può comportare il rischio di avviare una destrutturazione totale, come è successo per il comparto bietole-zucchero, ‘colpito e affondato’ da un’altra riforma targata Fischer Boel. Per questo il ministro dell’Agricoltura Paolo de Castro ha avviato subito una serie di consultazioni informali in diverse capitali europee (Parigi, Dublino, Madrid) per stabilire una rete di alleanze su alcuni punti condivisi. Ed ha convocato per il 20 luglio un vertice storico, gli Stati generali del vino italiano, per delineare le strategie nazionali da opporre alla proposta di riforma comunitaria.

“Saranno per noi un momento di ascolto fondamentale, cui seguirà la concertazione e la definizione delle linee negoziali e su quelle linee chiederemo poi l'appoggio di tutto il paese e quindi di tutte le categorie. Una questione anche di metodo: questo approccio lo useremo anche per la riforma dell’ortofrutta”, dice il ministro che nei giorni scorsi ha incontrato a quattr’occhi la commissaria danese ai margini del Consiglio dei ministri agricoli dell’Ue. Top secret il tema della conversazione, ma sicuramente De Castro avrà riportato alla ‘ultraliberista’ Fischer Boel le perplessità sue (e di altri grandi paesi produttori) circa l’aspetto più controverso della riforma, quei 400.000 ettari di vigneti da estirpare con un assegno di 2,4 miliardi di euro. Tanta generosità potrebbe sortire l’effetto opposto: cioè eliminare una produzione di vino che può avere un mercato e che si identifica con un territorio, invece di sopprimere quella meno attrattiva oggi destinata ai surplus e alla distillazione.

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