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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Quegli Etruschi golosie goderecci ... Ai banchetti venivano ammesse anche le donne. Poca carne, molto formaggio. Una mostra a Milano... L’uomo se ne sta seduto, solo, davanti a una tavola imbandita: questa sua posa, oggi così usuale, rappresenta una stravaganza agli occhi dei suoi contemporanei romani, ricchi proprietari del VII-VI secolo a.C. abituati a cenare in gruppo distesi sul triclinio. L’uomo seduto è invece un signore etrusco, ed è rappresentato in un canopo, un ossario antropomorfo, recuperato nella ricchissima necropoli di Tolle (710 tombe), vicino Siena. Questo reperto, che rimanda a una tradizione autoctona degli abitanti dell’Italia centrale, è esposto a Milano in una mostra nella sede del Monte dei Paschi di Siena da domani fino al 15 aprile. Si chiama Etruschi a tavola e presenta una serie di pezzi provenienti da Cetona, Chianciano, Murlo e Sarteano. Il professor Giulio Paolucci, direttore del Museo di Chianciano, è tra i curatori.
Paolucci, che abitudini culinarie e conviviali avevano gli Etruschi?
«Amavano mangiare, erano un popolo godereccio anche se fino al VI secolo il cibo era consumato abitualmente in solitudine e da seduti. Solo in seguito, quando il pranzo diventa momento anche di gestione del potere si banchetta insieme, sdraiati sui triclini come i Greci. Ma anche qui l’etrusco si differenzia, con grande scandalo, dagli altri, perché ai banchetti vengono ammesse le donne. E’ durante le feste e le cerimonie funebri comunque (come testimonia il cippo in pietra con quattro scene di danza, esposizione del morto e banchetto visibili a Milano) che anche nei tempi più antichi ci si lasciava andare al consumo di carne e a grandi bevute collettive».
Il vino era prodotto da loro?
«Certo: la coltivazione della vite in Etruria è antichissima e in ogni scavo abbiamo recuperato coppe e anfore che rimandano a ricche e frequenti libagioni: in mostra abbiamo portato un’anfora con la figura di Dioniso, dio del vino, una con un tralcio di uva e anche una coppa greca del III secolo del celebre artista Tlesno che il defunto teneva tra le dita per un ultimo brindisi. L’incisione recita Salute e bevi!».
Che posto aveva invece la carne? Gli Etruschi non erano per lo più vegetariani?
«La carne veniva consumata solo in poche occasioni, ma nelle tombe si ritrovano spiedi, alari, residui del banchetto preparato per il morto, quello che avrebbe dovuto consumare nella seconda vita che lo aspettava. Il ceto medio-alto mangiava cacciagione arrosto, ma anche pollame e carne e ventresca di maiale. Era l’animale più allevato, vista la grande quantità di querce e cerri, dunque di ghiande, che ricoprivano il territorio. E’ chiaro comunque che il grosso della cucina era fatto di formaggo, zuppe, legumi, pane col frumento siligo, pietanze semiliquide. L’olio era usato poco, serviva per lo più per i cosmetici. I servi consumavano cipolle crude, e aglio».
Come si svolgevano i banchetti?
«Quando ci si abitua al triclinio, tutti stavano distesi mentre gli schiavi suonavano il doppio flauto e la lira, portavano cibi e versavano bevande. Il vino veniva sempre servito mescolato a molta acqua e non di rado ci grattugiavano dentro del pecorino. Poi si passava alla carne e ai formaggi».

A cena con il Lucumone: ricette e consigli...
Kykeion, la bevanda degli eroi. Si può gustare come aperitivo. Si fa mescolando vino forte, orzo, miele e un pizzico di pecorino grattugiato.
Acquacotta. E’ una delle ricette più significative della civiltà etrusca che riunisce i quattro elementi primordiali (fuoco, terra, acqua e aria) e che si è tramandata fino ai nostri giorni. Tagliare a fette un’abbondante quantità di cipolle e metterle con olio a cialdellare. Aggiungere poi sedano a pezzi e rosolare. Quando questi due ingredienti saranno amalgamati, proseguire la cottura unendo bietole tagliate grossolanamente e brodo vegetale. Quando tutto sarà cotto, si versa ben bollente su fette di pane raffermo posto a strati in una zuppiera e lo si lascia riposare. L’acquacotta si mangia calda o fredda con una abbondante spolverata di cacio grattugiato.
Agnello alla brace del Lucumone. Prendere pezzi di agnello giovane, spalmarli di miele e marinarli con rosmarino, alloro, aglio e salvia irrorando tutto con vino bianco. Dopo averli lasciati riposare togliere i pezzi d’agnello dalla marinata, asciugarli e disporli su una griglia calda sopra la brace. A fine cottura salare e aromatizzare con olio. Queste e altre ricette etrusche si trovano su www.taccuinistorici.it.  

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