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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

“Troppo mercato, poca qualità” Vino: la Toscana boccia l’Europa ... Regione e produttori in allarme per la riforma dell’Ocm... “Il vino non è una barbabietola”. La Toscana boccia buona parte degli orientamenti che sta prendendo la riforma dell’Ocm, l’organizzazione comune di mercato del settore, così come l’ha proposta la commissaria europea Marianne Fischer Boel. Riforma che comunque qualche risultato buono a dire il vero lo sta dando, almeno per il Vigneto Toscana: per esempio, s’è finalmente chiarito, alla faccia dei tedeschi e degli olandesi e della gente su del Nord, che l’aggiunta di zucchero per far salire la gradazione alcolica è vietata. Se proprio si vuole ritoccare, si usa il mosto concentrato rettificato, “noi lo prevediamo nel disciplinare - spiega Marco Pallanti, produttore di altissima qualità al castello di Ama e presidente del Consorzio Chianti Classico - e comunque ci sta bene anche come scelta ‘politica’, perché questi mosti tolgono di mezzo parte di uve che andrebbero sul mercato. Ma non certo a fare vini di prestigio”. Il problema semmai, spiega Pallanti, è un altro, “si potrebbe evitare la litania di un decreto all’anno, sulle questione dei mosti”.
Ma questo non è un problema dell’Ocm e dell’Europa. Alla Toscana continua a non andare giù la vicenda degli aiuti per espiantare 200mila ettari di vigneti in tutta l’Unione Europea, per ridurre il surplus di produzione. “Ma questo - sbotta l’assessore regionale all’agricoltura, Susanna Cenni - è un discorso orientato esclusivamente al mercato. Insomma, come se invece di vino si parlasse di barbabietole: ma la differenza è che la barbabietole si producono ovunque allo stesso modo, il vino invece no. Il vino è legato al territorio, al clima, alla mano e al genio di chi lo lavora: tutto questo, però, nella visione nordeuropea non c’è”.
E gli aiuti all’espianto, tanti soldi per sbarbare i vigneti? L’assessore Cenni avverte un rischio, “potrebbe essere - commenta - la fine di tanta “viticoltura eroica”, vigneti piantati con grandissimo sforzo, anche economico, in terre difficili”. Anche Pallanti teme svantaggi “per le zone collinari dove si fa qualità difficile a vantaggio delle pianure dove si fa quantità più facile”, però in questo caso vede a rischio “non tanto gli storici - dice - quanto semmai alcune zone ‘nuove’ nate al vino sull’onda di un mercato euforico: forse accuserebbero più sofferenze in un ‘mercato totale’, e questa potrebbe essere l’occasione per una riconversione delle terre ad altri alberi da frutto, bellissimi e anche ottimi per produttività e redditività”.
Contro la possibile liberalizzazione dei diritti di impianto, poi, picchia duro Filippo Mazzei, produttore al castello di Fonterutoli nel Chianti Classico. E’ in buona compagnia, perché come lui la pensano, tanto per fare due nomi, Gianni Zonin e Lucio Mastroberardino. Mazzei parla senza mezzi termini di “scandalo”, soprattutto “per i vini a denominazione o per certe Igt. Pensiamo - dice Mazzei - cosa succederebbe a Montalcino se arrivassero due big e piantassero mille ettari di vigneti. Il Brunello morirebbe. E lo stesso potrebbe accadere nel Chianti”.
Ma anche i big non sono convinti. Ci va giù duro, contro la riforma dell’Ocm, Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, imprenditore in Maremma. “la proposta - dice - svilisce le tradizioni enologiche, e provoca rischi di eccessiva crescita delle superfici e di una caduta del valore della produzione”.

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