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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Il caro-cibo è servito: a tavola l’inflazione raddoppia ... Alimentare: da un vero paniere ecco i veri aumenti. La crescita dei prezzi è stata del 5,9% contro il 3,8% ufficiale. Stangata più forte al Nord, ma anche il Sud soffre... Fare la spesa continua a costare di più al Nord rispetto al Sud, ma la crescita dei prezzi alimentari rispetto al 2007 è praticamente identica in tutto lo Stivale. Sono i risultati di una ricerca della Facoltà di Agraria di Bologna in collaborazione con Last minute market e la società Econometrica. I ricercatori hanno infatti creato un indice, il “Carocibo”, che misura il costo della spesa giornaliera di una persona trentacinquenne in base ad una dieta tipo di 2.300 calorie, stabilita da alcuni nutrizionisti dell’Ateneo. Così, in base ai prezzi di settembre, ogni giorno in Italia mangiare costa 6,77 euro a persona, circa 38 centesimi in più dell’anno scorso, una crescita del 5,9%, ben superiore al tasso d’inflazione certificato dall’Istat che, confrontando settembre 2008 col settembre 2007, è stato del 3,8%.
La città più cara è Aosta, dove occorrono 7,69 euro per acquistare lo stesso paniere che a Napoli, la piazza più economica, costa 5,76 euro. Ma proprio il capoluogo valdostano registra da un anno all’altro la crescita più lenta dell’inflazione alimentare, appena del 5,34%, mentre il “Carocibo” di Milano corre più di tutti, al 6,18%. Nella classifica della spesa Bologna è al quinto posto tra i 20
capoluoghi di regione italiani, Ancona all’ottavo, Perugia all’11° e Firenze al 12° posto. Il paniere di Carocibo a Bologna costava (settembre 2008) 7,34 euro, ad Ancona 7,03, a Perugia 6,29, a Firenze 6,23. Più o meno in linea gli incrementi di prezzo da un anno all’altro: Ancona fa + 6,03%, Bologna + 5,92%, Firenze + 5,78% e Perugia +5,78%. Il paniere monitorato è di 15 prodotti: pane, pasta, riso, latte, vino, acqua, carne bovina, olio, formaggio, frutta, insalata, pelati, caffè, biscotti e zucchero. “Si tratta di un indice concreto, reale che fa riferimento a prodotti della spesa quotidiana e che consente confronti sul piano territoriale. Per rispondere alle domande sul caro-spesa non con suggestioni, ma con dati concreti, riscontrabili”, dice Andrea Segrè, preside della facoltà di Agraria e presidente di Last Minute Market. Cifre e percentuali che parlano anche delle filiere retrostanti. Ad esempio in un anno il prezzo della pasta è cresciuto del 25% - il rincaro massimo - mentre quello dell’olio extra vergine d’oliva appena dello 0,06, praticamente niente.
“Se la pasta costa un terzo in più - spiega Segrè - a fronte di un calo del prezzo del grano duro che si è sostanzialmente dimezzato, è evidente che qualcosa non va. E bene ha fatto il Garante dei prezzi a convocare i principali produttori di pasta per capire cosa sta succedendo”. Si tratta in sostanza di capire cosa non va nella filiera grano duro-mulini-pastifici e “magari se c’è un cartello dei produttori”.
Al contrario dell’olio d’oliva dove invece il mercato è stabile e la filiera efficiente, anche se i principali marchi sono in mani estere o multinazionali. E nessuna sorpresa se i consumi di pasta sono stabili o aumentano, nonostante i rincari: “La pasta nel paniere del consumatore pesa per una quota relativamente modesta, poco meno del 2,5%. In sostanza un piatto di spaghetti non se lo nega nessuno”.
Il paradosso è che gli elevati prezzi al dettaglio non hanno evitato una veloce contrazione dei redditi degli agricoltori, penalizzati non solo dalla rapida discesa dei prezzi all’origine ma anche e soprattutto dal generale aumento dei costi di produzione: gasolio, agrofarmaci, concimi. “Per dare un futuro all’attività agricola - conclude Segrè - servono misure che rendano efficienti le filiere e che diano più forza contrattuale agli agricoltori”.

Il costo di un menù giornaliero...
Prezzo in centesimi di euro - settembre 2007 - settembre 2008
Vino 130 ml - 23,26 - 24,39
Variazione % (09/08 - 09/07) - +4,86%...

La lettera di... Frassoldati...
Caro mister prezzi,
non invidiamo la Sua posizione. Lei dice che “ci sono le condizioni perché cali il prezzo della pasta”. Questo è il messaggio che Lei ha sta lanciando in questi giorni ai produttori di spaghetti e maccheroni convocati al Ministero per dare conto del prezzo della pasta aumentato ad ottobre su base annua del 30%. Difficile darle torto. Ma i pastai replicano che il grano duro è calato, ma sono esplosi tutti gli altri costi produttivi (energia, trasporti, ecc). Poi i consumi di pasta non sono affatto in calo, tutt’altro. Segno evidente che questi aumenti non sono poi così “distruttivi”. Sullo sfondo si agitano i produttori agricoli, stretti fra prezzi in picchiata e costi (anche per loro) in vorticosa risalita. Risultato: Confagricoltura segnala che dopo gli abbondanti raccolti di frumento di quest’anno, nel 2009 i raccolti di tutto il mondo potrebbero flettere, a partire dai due paesi più grandi produttori di cereali, Ucraina e Australia. Ricapitolando: nel 2007 - raccolti scarsi -
i prezzi aumentarono . Nel 2008 - raccolti abbondanti - i prezzi continuano a crescere. Nel
2009 si prevedono raccolti scarsi, quindi poca materia prima, quindi prezzi di nuovo in aumento. Un gatto che si morde la coda, col risultato che c’è sempre un buon motivo per tenere i prezzi alti. Qualcuno si chiede se è un romanzo di Kafka o se ci sono ancora certezze in questa economia. In chi deve credere il povero consumatore? Lei è un profeta disarmato, costretto ad auspicare, a dirsi ottimista, in mancanza di concreti strumenti sanzionatori. La Coop minaccia le grandi marche: se chiedete ancora aumenti, vi tolgo dagli scaffali. Magari poco elegante, ma forse più efficace dei suoi “auspici”.

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