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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Rinascimento italiano in bianco ... La riscossa di Friulano e Verdicchio, i gemelli diversi della nostra enologia... Assoenologi ha cominciato a dirlo forte: i bianchi sono i vini del futuro. Una cosa è certa: se ne vendono di più piacciono di più. E nei vigneti il rapporto tra uve rosse e uve bianche tende a riequilibrarsi.

È passata la moda dei vini iperconcentrati. Per l’Italia si aprono ulteriori ottime prospettive di mercato. Se Barolo, Brunello, Chianti, Montepulciano hanno segnato - insieme ai Supertuscan - la rinascita del vino italiano, oggi tocca ai terroir più vocati alla produzione di vini bianchi il compito di confermare il successo.

Due regioni sembrano avere la forza nelle loro produzioni per sfidare, peraltro con vitigni autoctoni, i Sauvignon neozelandesi, gli Chardonnay francesi e australiani. Sono il Friuli Venezia Giulia e le Marche. Friulano e Verdicchio sono i gemelli diversi della nostra enologia in bianco. In qualche modo si somigliano hanno tutti e due un incantevole finale ammandorlato, hanno freschezza. Più morbido e penetrante il Friulano, più robusto e pieno il Verdicchio che proprio al Vinitaly festeggia, con la riserva di Matelica , dopo quaranta anni di Doc (fu tra le prime d’Italia) l’ottenimento della Docg, il massimo della piramide qualitativa italiana. E anche il suo fratello più diffuso e esteso nella coltivazione e nella produzione, il Verdicchio dei Castelli di Jesi, ha ottenuto sempre con la riserva lo stesso prestigioso traguardo.

Sono 2 delle pochissime Docg in bianco d’Italia. Segno di una vitalità e di una qualità che collocano l’enologia marchigiana ai “vertici” nazionali e, per conseguenza, mondiali. A completare il carnet delle opportunità in bianco c’è il Veneto che ha nel Soave, anch’esso ottenuto da uve autoctone di Garganega e che ora va verso lo “zero solfiti” per essere il più naturale possibile, un punto di forza, e ci sono i Vermentini di Sardegna e di Maremma e l’Inzolia di Sicilia.

Vi sono anche regioni totalmente rossiste come il Piemonte che riscopre l’Arneis, come l’Umbria che rilancia la denominazione Orvieto e ora punta sul Grechetto dei Colli Martini e una possibile resurrezione del Trebbiano spoletino, o piccole regioni come la Liguria che tra Vermentino e Pigato ha trovato interessanti sbocchi di mercato. Per non dire della riscoperta della Nosiola trentina, del Trebbiano d’Abruzzo, della stessa Albana di Romagna che ha trovato nuova notorietà passita, ma ora viene riproposta anche nella versione secca o del Pignoletto dei Colli Bolognesi che sta scalando le classifiche di vendita, o della Malvasia parmigiana o delle performance da primato dei vini altoatesini anche se Oltradige si punta ancora sui vitigni internazionali: dal Traminer al Pinot Bianco. Ci sono denominazioni come Frascati (nel Lazio) o Cirò Bianco (in Calabria) o Greco, Fiano e Falanghina (campani) che soffrono meno dei vini rossi delle medesime regioni. Dunque il secondo rinascimento del vino italiano ha il colore della luce.

Ma La Regione che più ha contribuito a questa affermazione sui mercati mondiali dei nostri vini bianchi è senza dubbio il Friuli Venezia Giulia che ha saputo trasformare un “incidente” in una straordinaria opportunità. È la cosiddetta “Guerra del Tocai”. La storia è nota e basta un cenno per ricordarla. Gli ungheresi che producono un vino passito chiamato Tokaj hanno chiesto e ottenuto che il Tocai del Friuli Venezia Giulia fosse cancellato. Pareva uno scorno, è diventata un’opportunità straordinaria. Oggi il Friulano (ex Tocai) è migliorato tantissimo in qualità ed è diventato il vino simbolo del Friuli Venezia Giulia. Grazie al lavoro di promozione e di consulenza tecnica dell’Ersa (l’ente regionale) ora esiste un piano strategico per fare del Friulano un vino marcatore del territorio: com’è successo per Bordeaux o per il Brunello. Il Friulano è dunque l’emblema dell’Italia in bianco.

6,2 milioni di ettolitri. È l’esportazione dei nostri vini in Germania nei primi 11 mesi del 2010 (+2,8% rispetto al 2009). Un valore di 760 milioni di euro.

Le tendenze

Chi sale

I vini bianchi hanno quasi raggiunto il 60% del totale delle vendite. Lo afferma il report di Assoenologi, diffuso in questi giorni.


Chi scende

Ulteriore decremento nella richiesta di vini rossi nel 2010: coi rosati sono scesi al 40%, invertendo la tendenza rispetto a 10 anni fa.


I meno alcolici

Giuseppe Martelli, dir. gen. Assoenologi. “La moda premia i vini con minor contenuto alcolico e minore struttura, come sono, appunto, i bianchi”.

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