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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

L’export da record salva le cantine ... venduti all’estero 4,4 miliardi di euro, il calo del consumo interno ... È stato l’anno del record. Il 2011 è andato in archivio con il primato storico di esportazioni per il vino italiano. Sia in volumi ( 23,8 milioni di ettolitri) sia in valore (4,37 miliardi di euro) le nostre cantine hanno visto crescere esponenzialmente la domanda estera. Con dati ancora più confortanti se si fanno i raffronti con l’anno precedente. In complesso il fatturato estero è cresciuto del 10% con una performance straordinaria degli spumanti (+23 e un controvalore in euro di 538 milioni). Ma il dato più sorprendente è l’aumento medio del prezzo dello sfuso: vicino al mezzo euro per litro. Ancora distanti dalla Francia per prezzo medio, ma sopra per volume di esportazione. È un derby infinito quello Italia-Francia sul vino, ma per una volta la partita sta dalla parte nostra. Come sempre, preso atto di un successo, se si va ad analizzano più a fondo si scoprono luci e ombre. Se siamo leader assoluti in valore in volumi sul mercato americano che vale 1,1 miliardi ed è diventato il nostro primo mercato, si scopre che siamo ancora debolissimi sui mercati emergenti del Far East e che da soli Stati Uniti e Germania rappresentano praticamente il 50 % della nostra clientela. È vero che in Cina abbiamo fatto un incoraggiante più 148% di export, ma è anche vero che le quantità sono ancora residuali rispetto ad esempio ai francesi che sono il primo partner commerciale in fatto di vino di Pechino. Occorre forse ripartire da qui: da un’analisi ponderata del successo mondiale del nostro vino, che rappresenta comunque la prima voce attiva della nostra bilancia commerciale agroalimentare. E tuttavia ci sono altri dati negativi. Il primo è il crollo verticale del mercato interno. Per la prima volta lo scorso anno la quantità di vino (quasi 24 milioni di ettolitri) è stata superiore alla quantità divino venduto in Italia (20 milioni) dove il consumo pro-capite è sceso sotto i 40 litri. Un segnale di debolezza è la scarsa patrimonializzazione delle nostre aziende e la polverizzazione del mercato oltre alla contrazione di produzione. Ormai la superficie a vite è sotto i 700 mila ettari dove operano circa 320 mila aziende di coltivazione, mentre quelle che imbottigliano sono 25 mila. Stabile invece l’occupazione che tra diretti e indiretti significa quasi 1,5 milioni di posti di lavoro. L’altro elemento negativo è il fatto che le nostre aziende vanno sui mercati esteri in ordine sparso. Al sistema vino (che è fatto anche dei miliardi di fatturato delle industrie meccaniche e di circa un altro miliardo tra tappi, bottiglie, etichette e logistica) è dedicata scarsa attenzione, e pensare che è uno dei motori della nostra economia.

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