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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Il vino italiano leader nel mondo. Ma servono più export e consumi ... Italia primo produttore mondiale di vino? Secondo i dati della Commissione europea (rilevati però prima di Ferragosto) la vendemmia 2015 porterà in cantina quasi 49 milioni di ettolitri (per l’esattezza 48,9) e dunque saremmo allo storico sorpasso sulla Francia ferma a 46,6 milioni di ettolitri. Il primato italiano - sottolinea Coldiretti - “è stato sostenuto da condizioni climatiche favorevoli tanto che in diversi territori si parla di annata storica per quantità e qualità”.
“Un risultato eccezionale - commenta l’ex ministro Paolo de Castro, oggi europarlamentare - che deve però essere portato a valore, perché se è vero che il settore vitivinicolo guida il nostro export agroalimentare, sul piano della commercializzazione estera e su quello più generale della valorizzazione c’è ancora molto da fare. Basti pensare che proprio i vini francesi hanno un prezzo medio all’esportazione che è circa il doppio di quelli italiani”.
L’Europa sulla promozione del suo vino mette risorse importanti:
500 milioni di euro all’anno, di cui
100 finiscono in Italia. Un sostegno “che deve stimolare nuovi percorsi di crescita nazionali”, perché non sempre questi fondi - allocati alle regioni - vengono spesi in maniera razionale ed efficiente. Il tema dell’export è strategico: più vino produciamo, più vino dovremo esportare, stante che i consumi interni sono drammaticamente in declino. “Alla fine del 2015 stimiamo un consumo pro capite di 36-37 litri contro i 110 di fine anni ‘70”, fa i conti Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi: “In pratica se 35 anni fa gli italiani bevevano una media di 2 bicchieri all’anno di vino, oggi ne bevono mezzo. Un problema non solo italiano, ma di tutti i Paesi produttori tradizionali come Francia e Spagna”.
L’unica strda obbligata è dunque l’export: “E certamente un vanto aver superato la Francia, anche se forse a consuntivo l’Italia chiuderà a 47-48 milioni di ettolitri - continua Martelli -. Però il problema non è solo produrre ma vendere bene. Il nostro export gode di ottima salute, esportiamo più del 50% della produzione, il primo semestre 2015 ha fatto +6,5% in valore con minori volumi. I nostri prezzi medi si stanno avvicinando a quelli dei francesi, se escludiamo gli champagne. Ma bisogna tenere il ritmo, non perdere lo slancio”.
Il mondo chiede autentico cibo italiano e apprezza sempre di più i nostri vini ma chi esporta incontra ogni giorno criticità e problemi. “Una corsa ad ostacoli”, dice Alberto Medici, globetrotter del lambrusco, che ha piazzato il suo “Concerto” nelle carte di ristoranti ed enoteche di 70 Paesi del mondo. “Ci sono Paesi alle prese con congiunture economiche negative come Russia, Brasile e anche Cina. Poi barriere doganali e dazi che spuntano da un giorno all’altro, come in Thailandia dove hanno quadruplicato le accise. In pochi giorni un mercato che era aperto si può chiudere vanificando il lavoro di anni”. E Domenico Zonin, presidente dell’Unione italiana vini, mette in guardia dagli effetti che il nuovo accordo Trans Pacific Partnership (Tpp) siglato tra Usa e 11 Stati dell’area del Pacifico potrebbe avere per l’export dei nostri vini in Giappone.
Serve più lavoro di squadra, più sistema Italia, aggiunge Medici:
“Vanno spesi meglio i fondi europei e serve più lavoro diplomatico dell’Italia e dell’Europa per contrastare e non subire passivamente queste barriere doganali, che a volte sono vere e proprie ritorsioni commerciali”. Poi spingere sui nuovi mercati: “L’Africa è la nuova frontiera. Stiamo portando il lambrusco in Paesi come Nigeria, Kenya, Angola”.

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