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La Nazione / Il Giorno / Il Resto Del Carlino

Milioni di euro per pochi ettari di vigna. Il Brunello fa fare follie agli stranieri ... Montalcino, terra del Brunello, si conferma la capitale mondiale del vino. Statunitensi, francesi, canadesi, brasiliani, ungheresi, argentini e altri investitori “alloctoni” non resistono all’intramontabile fascino di un nettare che dalla fine dell’Ottocento ad oggi è sinonimo di eccellenza in tutto il mondo ed uno degli emblemi del made in Italy. E pur di avere un pezzo di terra di Brunello non si bada a spese. Dopo l’ultima operazione - con la piccola azienda La Cerbaiona (pochi ettari di vigneto, solo 1,7 di Brunello) rilevata dall’imprenditore americano Gary Rieschel per l’astronomica cifra di 6 milioni di euro - sono al momento 11 le proprietà straniere, caratterizzata da 255 soci iscritti al Consorzio di tutela. Grandi aziende come Castello Banfi (in mano agli americani da diversi anni) ma anche piccoli appezzamenti che, nonostante le quotazioni stellari che parlano di 350/400mila euro all’ettaro, spingono facoltosi investitori all’affare, consapevoli di scommettere su di una griffe capace di resistere alla crisi e alle mode. Le vigne che circondano Montalcino sono infatti tra le più care d’Italia (subito dopo il Barolo e il Prosecco Docg di Conegliano Valdobbiadenese) e al top assoluto in Toscana, dove il passo riesce a tenerlo solo l’area di Bolgheri con i Supertuscan Sassicaia e Ornellaia. E questa sorta di melting pot tra i filari sembra tradursi in una virtuosa esperienza che mescola tradizione e modernità, come conferma l’ottimo stato di salute di un Docg che, dopo la bufera di Brunellopoli di qualche anno fa, ha ripreso più che mai a correre sulla strada dell’eccellenza, riscontrando un apprezzamento da record sul mercato globale, anche a fronte di un innalzamento dei prezzi delle bottiglie. L’annata 2010, l’ultima entrata in commercio con un rating al top, è già praticamente sold out e dalla vendemmia di quest’anno appena conclusa ci sono le premesse per tirare fuori, ovviamente tra cinque anni come prescrive rigidamente il disciplinare, un altro vino indimenticabile. "Le esperienze fatte finora sono state tutte positive e capaci di portare beneficio e promozione alla denominazione - commenta Jacopo Biondi Santi, uno dei custodi delle memoria del Brunello, figlio di Franco scomparso nel 2013 - ma è fondamentale salvaguardare il legame identitario che questo vino ha storicamente con il suo territorio e la sua storia, evitando il rischio di disperdere preziosi valori. Anche perché il nostro è un sistema che, a parte qualche eccezione, si basa su tante piccole aziende a gestione familiare e quindi chi decide di venire qua deve calarsi in una dimensione fatta di regole e tradizioni". Visto il trend delle vendite del Brunello e le nuove logiche dell’economia mondiale è facile immaginare che il fenomeno dell’invasione straniera sia destinato ad ampliarsi nel futuro, magari con nuove bandiere come quelle battenti Cina o Russia che già hanno concluso operazioni importanti in altri aree del vino italiane.

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