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La Nazione

L’intervista/Il vino secondo Lapo Mazzei
“Attenti alla qualità è la nemica del Chianti del Chianti” ... Continua a crescere la domanda di Toscana, nel turismo, nell’arte, nella cultura e, naturalmente nel vino e nell’intero paniere di beni e servizi del mondo rurale. Al Vinitaly di Verona, che apre oggi, si valuterà, insieme a migliaia di etichette, il valore dell’armonia tra attività dell’uomo e territorio. Un risultato soprattutto economico che ha bisogno di incentivi. Com’è accaduto con l’ultima fase di realizzazione di nuovi vigneti e ristrutturazione di quelli vecchi, con lo stanziamento di contributi pubblici che, secondo gli imprenditori, avrebbero dovuto essere più consistenti.

Marchese Lapo Mazzei, la ritiene una proposta realizzabile?

“Se c’è la copertura finanziaria ben venga, anche se il contributo pubblico con è poi così basso. Zonin ha ragione, ma la copertura è sempre corta. Inoltre ritengo che i contributi non debbano spingere in alto la produzione di qualità e, soprattutto, non debbano fare perdere la via della qualità.per fare agricoltura di qualità si devono scegliere infatti le aree più vocate e queste hanno valori immobiliari e costi di intervento ben più alti di quanto possa mai essere erogato attraverso un contributo”.
E’ comunque innegabile che l’Ocm vino, il piano europeo per il settore è stata una grande opportunità. “Certamente. Grazie all’organizzazione comune di mercato nel Chianti Classico è stato rinnovato un terzo degli impianti e nel giro di tre anni sarà completato il resto. Se si tardasse un anno sarebbe anche meglio perché sarebbero disponibili i nuovi cloni di Chianti Classico, a partire dal 2003. Si tratta di piantine che consentiranno di riportare attiva la vitivinicoltura in aree meno avvantaggiate per questioni climatiche e di terreno.

Nel frattempo si annuncia una nuova battaglia sul mercato internazionale?

“Il Chianti è la denominazione più conosciuto in Italia. Possiamo resistere a condizione che si operi sulla qualità e non sulla quantità. L’Italia non ha spazion per la competizione con i vini di massa e può solo incentivare la qualità. Tutto il mondo produce senza vincoli, tranne noi. Paesi emergenti come Cile e Argentina possono crearci dei problemi per la crescente produzione. Ricordiamo però che se si supera anche di un limitato 5% con la nostra offerta si ottiene un crollo drammatico dei prezzi”.

Chi saranno gli attori dello scontro?

“Il mondo anglosassone e sudamericano da una parte, l'Europa dall’altro. Fuori dal vecchio continente il vino si fa con altre tecnologie di cantina, si può mescolare e inoltre i consumatori non intendono il senso della Doc e delle Aoc Francesi. La posizione anglosassone e questa: viva il vino mescolato, purchè sia buono. Non importa la provenienza, basta che al consumo sia garantito un prodotto in grande quantità. Pensi che 12 aziende nel mondo, californiane e australiane soprattutto, controllano il prodotto e sanno come penetrare sui mercati perché hanno i mezzi finanziari per farlo”.

Quali sono i fattori che limitano il nostro sviluppo?

“Una burocrazia opprimente in tutta Europa, anche in quelle assurde regole igieniche tipo Haccp.
Poi occorre una rappresentanza di settore più incisiva, che contrasti agli attacchi alla vitivinicultuta. L’Italia è penalizzata da una rappresentanza troppo frammentata a livello sindacale.

E’ più utile per il territorio mantenere le famiglie storiche?

“Non solo quelle con il blasone ma tutti i produttori radicati sul territorio svolgono un ruolo di tutori della natura. Noi possiamo poi limitarsi a guardare intorno, perché la globalizzazione è in atto, mentre da sempre i nostri vini di qualità hanno circolato in tutto il mondo senza protezioni.

La scheda: Lapo Mazzei, nato il 25 aprile 1925
è marchese, produce vini nella tenuta del Castello di Fonterutoli (Siena); il nome Chianti fu usato per la prima volta in un contratto del 1300 tra un mercante pratese e l’avo omonimo Lapo Mazzei; in passato presidente, per 17 anni del Consorzio del Chianti Classico; oggi presiede L’Opera di Santa Croce ed è l’anima della Fondazione Chianti; ha cinque figli (Camilla, Jacopo, Filippo, Francesco, Agnese) tutti impegnati nell’agricoltura di qualità.

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