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La Nazione

Vini falsi, processo vero: in dodici a giudizio per aver contraffatto Sassicaia e Chianti ... Dodici dei tredici indagati dell'inchiesta sui falsi vini «Sassicaia» e «Chianti» sono stati rinviati a giudizio il 16 febbraio 2004 su richiesta del Pm Valeria Marino, sostituto procuratore a Pisa, che ha coordinato le indagini. Uno degli accusati è stato invece prosciolto al termine della fase preliminare culminata ieri — dopo una serie di slittamenti, dovuti a problemi di notifiche che si sono protratti per circa un anno — nell'udienza davanti al gup Pietro Murano. I reati contestati alla presunta organizzazione che avrebbe falsificato il pregiatissimo rosso prodotto sulle colline del Chianti sono: associazione a delinquere finalizzata alla truffa, falsità materiale, frode in commercio e frode fiscale. Quelle poste a carico dei presunti falsificatori del Sassicaia — 15-20% di uva Cabernet Franc e 80-85% di Cabernet Sauvignon, praticamente il capostipite di tutta la grande e nuova famiglia di vini italiani — sono: associazione a delinquere finalizzata alla truffa, commercializzazione di prodotti con segni falsi e frode in commercio. Un solo proscioglimento, si è detto, relativo a un capo d'imputazione: quello di frode fiscale nei confronti di Giovanna Ferretti, di Fucecchio, la tipografa accusata di aver stampato le etichette da apporre sulle bottiglie contenenti il vino falsificato. Ieri la sua posizione è stata giudicata marginale ed è stata ritenuta «non partecipe — come ha chiarito lo stesso dottor Murano — all'illecita attività che, in tutto, ha coivolto altre 12 persone». Per queste il processo va regolarmente avanti, con tutte le ipotesi di reato, e relative imputazioni, individuate e contestate dall'accusa. L'inchiesta — in origine i filoni erano due, poi vennero unificati in un solo fascicolo — riguarda ben ventimila bottiglie di falso Sassicaia e sei milioni e mezzo di falso Chianti, che furono messe in commercio come gli originali, pregiatissimi (e costosissimi) vini. Sulla presunta truffa lavorò lungamente la Polizia tributaria della Guardia di Finanza e dell'Ispettorato repressione frodi. Mano a mano che si intensificavano i controlli e giungevano i riscontri alle ipotesi di reato ventilate dagli investigatori, si allargava il fronte delle persone coinvolte. Alla fine gli inquirenti hanno ritenuto di aver trovato «speranze di prove» a carico di tredici persone, con capi d'imputazione leggeremente differenti, a seconda della responsabilità nell'uno o l'altro dei filoni d'inchiesta originari. In particolare, per quanto riguarda il falso Chianti, un ruolo di spicco dell'organizzazione sarebbe stato assunto da Giovanni Ceragioli, di Fauglia. Nel corso delle indagini erano stati addirittura arrestati Alberto Bartali, di Monteriggioni e Giacinto Di Pascoli, di Capannoli. Quest'ultimo avrebbe agito in entrambi i casi da intermediario. Nei confronti di Fabio Franchelli di Montopoli, Domenico Melisurgo di San Giuliano Terme, Giovanni Interlandi di Palaia e Fabio Antonelli di Peccioli, il giudice dispose invece gli arresti domiciliari. Gli altri indagati sono Mario Coda di Fucecchio, Piero Scardigli di San Miniato, Gianfranco e Giampiero Coli di San Casciano Val di Pesa e Andrea Soldani di Pisa.

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