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La Repubblica

Moët & Chandon e il cinema le affinità elettive sui grandi set … A Venezia anteprima dei 280 anni della maison con Grand Vintage 2004 in formato Jeroboam Il progetto a sostegno della Fondazione Diversity… Chiamiamole affinità elettive quelle tra Moët & Chandon e il cinema, per questo la maison dello champagne è tornata a Venezia con il suo format "Toast for a Cause" per analizzare mondi solo apparentemente lontani, parlare di temi sociali, in particolare di inclusione e diversità. Tanti gli incroci tra queste realtà vicine e lontane, come racconta Fanny Bonet-Monserrat, senior brand manager Moët & Chandon: “Oltre 100 film hollywoodiani hanno visto lo champagne protagonista di scene indimenticabili della storia del cinema. Pensiamo solo a quel brindisi con un calice di Moët Impérial alzato da Leonardo di Caprio in una delle scene più memorabili de “Il Grande Gatsby”. Proprio quest’anno si celebrano 280 anni della storia della maison e 80 edizioni del Festival del Cinema di Venezia con uno champagne speciale: “Per l’occasione presentiamo una bottiglia Jéroboam in limited edition del Grand Vintage 2004 della Maison”. E un brindisi a sostegno della Fondazione Diversity, ente no pro fit presieduto da Francesca Vecchioni, su temi che fanno parte dell’Agenda Onu 2030, impegnata nel diffondere una cultura dell’inclusione, e della valorizzazione delle diversità delle persone, che comprende ogni aspetto, dall’identità di genere, all’età, all’etnia e alla disabilità: “Toast for a Cause è un format internazionale creato nel 2009, per suggellare l’impegno della Maison a sostegno di un’associazione benefica - continua Bonet-Monserrat - A Venezia continua questa collaborazione con una delle realtà più attive in materia di sensibilizzazione ed educazione su questi temi”. Un progetto che mette in primo piano la capacità del cinema di influenzare modi di pensare della società: “Noi crediamo fortemente che questa arte - nel suo duplice potere di rappresentare la realtà, ma anche di ispirare visioni future e prospettive differenti - sia un veicolo culturale fondamentale per costruire un immaginario collettivo davvero inclusivo, in cui tutte le persone siano protagoniste: una visione che si radica fortemente nei valori di Moët & Chandon che dello spirito di celebrazione ha da sempre fatto una questione umana e sociale. In linea con questi valori, il progetto di Fondazione Diversity vuole rendere più accessibile il mondo del lavoro alle categorie nell’industria del cinema, e lo fa nel doppiaggio; ha pensato a un corso triennale di doppiaggio per loro, ed erogherà borse di studio a copertura totale, per poi avviarle alla professione”. Una maison che nella sua lunga storia si è occupata spesso di tematiche sociali, come spiega Benoît Gouez chef de cave di Moët & Chandon: “Il glamour e l’eleganza sono attributi a lungo associati a Moët & Chandon. Ma la nostra maison è anche generosità, come nel sostenere le comunità locali di Eparney. Non solo, nel 1868 è stato messo in atto il primo programma di impegno sociale, con assistenza medica gratuita per tutti i dipendenti e per le loro famiglie”. Il rispetto per la memoria storica si vede anche nella produzione: “Da noi è un mestiere tramandato nelle generazioni, e perfezionato in un’arte, fatto di savoir-faire enologico ancestrale, e di tecnologia più avanzata. un sapere che va rispettato a partire dalle persone e dal loro terroir. Non a caso uno dei nostri punti di forza è la dimensione e la diversità dei nostri vigneti. Crediamo in un’enologia personalizzata e adattabile, con interventi minimi per preservare la naturale diversità delle uve, dei vigneti, delle annate. Non forziamo la natura e facciamo champagne su misura”. A Venezia, come detto, sarà presentato Moët & Chandon Grand Vintage 2004 in formato Jeroboam come anteprima del 280° anniversario della Maison: “Riflette una combinazione singolarmente eccezionale di maturità, complessità e carisma”. Proprio questa parola ha un significato importante per Benoît Gouez, che conclude: “Il carisma è ricorrente perché ogni Grand Vintage è la mia interpretazione di un anno specifico, come tale è unica. Non è un “riassunto" dell’anno, ma la mia interpretazione di ciò che l’anno ha rappresentato. Esattamente come un regista che inquadra la scena, io seleziono i vini che andranno a comporre il blend finale”.

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