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La Repubblica

C’è anche il vino fra israeliani e palestinesi … Sari Khoury è il proprietario dell’etichetta Philokalia, uno dei più apprezzati vini palestinesi prodotti in Cisgiordania: da anni, il suo lavoro è una sfida continua. Il muro di separazione costruito da Israele per sigillare i Territori palestinesi passa proprio accanto alla sua cantina, a Betlemme. E i suoi terreni sono circondati da insediamenti ebraici: così - ha raccontato all’Economist che ha dato spazio alla sua storia - produrre vino per lui è sempre più difficile. Fra le difficoltà maggiori, l’impossibilità di reperire manodopera, perché i palestinesi possono guadagnare cinque volte di più oltre il muro in Israele, ma anche quella di espandere la superficie di terreni coltivati. “Non riesco nemmeno a costruire un capannone per gli attrezzi: devo portarli in macchina ogni volta”, racconta. Altri ostacoli sono i posti di blocco israeliani, che creano problemi dal punto di vista logistico, e la scarsità d’acqua che si traduce nell’impossibilità di coltivare alcuni tipi di uve, le più pregiate. Così, Khoury si è concentrato sulla coltivazione di grappoli di varietà locali, che necessitano di meno acqua e sopravvivono bene al sole cocente. Scelta lodata dagli esperti del settore. Un successo, ma amaro: “Vorrei creare vino della massima qualità possibile ed essere giudicato in base ai suoi pregi”, ha detto il viticoltore al settimanale britannico.

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