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La Repubblica

Da Portofino a Ravenna il vino sottomarino conquista l’Italia… Il mondo del vino ha costantemente voglia di creare nicchie di mercato lussuoso ed esclusivo, storie uniche da raccontare andando oltre i meccanismi, già affascinanti, delle annate e dei territori e la moda degli champagne affinati sott’acqua - ma il modello è possibile per quasi tutti i vini - era destinata a sfondare. L’ultimo ristorante aperto in Francia da Mauro Colagreco, uno degli chef più importanti al mondo, si chiama “Ceto”, come la divinità marina. Siamo nella parte alta di Roquebrune, dove la vista domina anche Montecarlo e uno dei luoghi più suggestivi è la teca che contiene i vini affinati sotto il mare. Anche gli italiani quando ci sono da fare sperimentazioni vinose non si tirano indietro, così una delle aziende che meglio cavalca questo nuovo business è la “Jamin Under Water Wines” che affina sotto i mari oltre 200 etichette in quattro cantine sottomarine a Portofino, a Ravenna, a Termoli, ad Acquappesa e a Scarlino, ma altre 4 sono già in progettazione. E se si guarda al pianeta nel 2022 sono state almeno 400 mila le bottiglie affinate in mare secondo un metodo che, garantiscono esperti e studiosi di varie università tra Italia, Francia e Spagna, produce specifici cambiamenti organolettici e sensoriali rispetto a quello tradizionale. Tra le storie più interessanti c’è l’azienda ligure Bisson, che ha cominciato nel 2009, e oggi affina quasi 30 mila bottiglie tutte di metodo classico battezzato “Abissi” e chiuso con tappi a corona di una particolare lega. Mentre in Romagna, la Tenuta del Paguro di Brisighella, affina merlot, cabernet, albana e sangiovese nel relitto di una piattaforma petrolifera affondata al largo di Ravenna nel 1965. Storie uniche come quelle che richiede il mercato, ma dove alla fine è la qualità a fare la differenza.

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