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La Repubblica

Ao Yun, il vino cinese di Arnault sfida i Bordeaux con l’annata 2015 … L’etichetta del Tibet parte all’assalto dell’Occidente: è l’ultima nata tra i prestigiosi prodotti dell’impero Lvmh, ma è già stata ammessa al mercato secondario Liv-ex, tuttora dominato dai francesi... Ha scelto il Capodanno cinese, il 5 febbraio scorso, per presentare in anteprima a Milano l’annata 2015 in un abbinamento studiato apposta dallo chef Antonio D’Angelo del Nobu. Maxence Dulou, winemaker della tenuta Ao Yun, ha ribaltato tutti gli scenari. Mentre francesi, australiani e, seppure indietro, gli italiani sono tutti impegnati alla conquista del ricco mercato cinese, Ao Yun, il vino del Tibet, parte all’assalto dell’Occidente. Con un vantaggio competitivo: è l’ultimo nato tra i prestigiosi vini dell’impero Lvmh, il big del lusso di Bernard Arnault. Che vuol dire, poter contare sulla possente macchina di marketing e di comunicazione, nonché finanziaria della holding. Lvmh ha portato in tutto il mondo vestiti, profumi e rossetti di Christian Dior, Céline, Givenchy, Kenzo e Fendi, la holding francese del lusso ha valorizzato marchi di champagne come Dom Perignon e Krug, fatto impennare le quotazioni di icone del Bordeaux come Cheval Blanc. Ora ha imboccato la strada della creazione di un nuovo brand. La strada più difficile e costosa, dicono gli analisti, rispetto a comprare un brand già affermato. Ancora più impervia se si pensa che si tratta di un vino prodotto in terra di Cina. E’ come tentare di fare la concorrenza a Louis Vuitton con un brand sconosciuto di Shanghai o Pechino. Anche nel vino Lvmh ha puntato sull’esclusività. Ao Yun cresce tra i 2.200 e i 2.600 metri d’altezza, in quella terra dello Yun-nan che dovrebbe corrispondere all’immaginario Shangri-Là. Un vino unico. Un vino raro. E anche di eccellenza a livello gustativo. John Stimpfing di Decanter ha dato 94 punti su 100 a questo blend di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, e si tratta di una di quelle guide che, come si dice tra gli addetti ai lavori, fanno il mercato. Ao Yun, che significa camminare sopra il cielo, è il primo vino cinese commercializzato sul Liv-ex, l’indice inglese del mercato secondario, movimentato da intenditori e collezionisti. Nel 2016. quando è entrato in commercio, ha fatto registrare un’impennata di scambi, con una media di prezzo per dodici bottiglie del millesimo 2013, la prima annata, a circa 1.600 sterline, circa 1800 euro, per dodici bottiglie da 0,75 cl. Nel 2017, sul Liv-ex aveva quasi toccato quota 3.000 sterline, sempre a cassa di dodici bottiglie, seguita da una serie di alti e bassi, come mostrano le rilevazioni degli stessi analisti del Liv-ex elaborate in esclusiva per Affari&Finanza. A gennaio di quest’anno Ao Yun 2013 è riscesa o 1.850. Non stupisce. Il mercato secondario è denominato in sterline, e a metà gennaio c’è stato il voto sulla Brexit. Già nel 2016, all’annuncio del referendum prima, con la Brexit dopo, la sterlina aveva condizionato il listino. “Ha risentito degli alti e bassi degli scambi di valuta sul mercato secondario”, dice Desislava Lyapova, content marketing assoicate di Liv-ex. Spiega Lyapova: “Ao Yun ha inoltre risentito anche di una flessione delle quotazioni di Lvmv a fine anno e inizio gennaio, dovuta al rallentamento dell’economia cinese. Ma è già una etichetta molto dinamica negli scambi”. Lvmh ha poi ripreso la sua corsa al listino, spinta in alto anche dai risultati record. E questo fa pensare che Ao Yun potrebbe riprendere la sua corsa al Liv-ex. In attesa dei rating per l’annata 2015. La storia “L’imperialismo del vino cinese di Lvmh”, così ha titolato Wine Searcher un articolo in cui ha raccolto i commenti più velenosi qualche tempo fa. Nel mondo del vino contano storia, tradizione, territori. E su questo versante i francesi sono sempre stati campioni. Per anni sono stati gli unici presenti al Liv-ex, listino nato nel 2004, poi piano piano sono stati ammessi altri paesi, etichette prestigiose anche italiane, che tra l’altro stanno facendo registrare risultati record. Ma i vini degli “altri” paesi restano ancora pochi rispetto ai “cru” del Bordeaux e del Burgundy e ai nobili Champagne. Vini che come i grand Master dell’arte, hanno un track, un percorso di prezzi e qualità tracciato. La vera, grande, sfida per Ao Yun: provare la longevità, la capacità di restare vivo, bevibile dopo tanti anni. Solo il tempo lo dirà.

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