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La Repubblica

Fine wine italiani al top il trading online fa da traino … “I buyer cercano oggi valore al di fuori di regioni come Bordeaux e Borgogna, e l’Italia sta riscuotendo sempre maggiore attenzione”: James Miles, managing director e co-fondatore del Lív-ex, il mercato secondario dei vini d’eccellenza, è stato tra i più seguiti oratori al wine2wine di Verona, il forum di Vinitaly dedicato alla formazione e al networking, evento focalizzato sulla wine industry, momento di incontro tra produttori vinicoli e professionisti del settore che hanno l’occasione di aggiornarsi sui più recenti trend nel mondo del vino. In questa fase si fa sempre più importante capire l’andamento del vino d’eccellenza sui mercati secondari, barometro del posizionamento dei nostri brand. “I collezionisti stanno seguendo i vini italiani con crescente interesse. I migliori marchi italiani offrono una qualità eccezionale, ma ad un entry-point inferiore rispetto ai top brand di altre regioni”, afferma Miles. Il posizionamento più basso aiuta a fare breccia nel mercato secondario. Nell’anno in corso, l’Italia ha registrato le migliori performance per il sub-index dell’indice Liv-ex 1000, che traccia l’andamento dei prezzi dei primi 1000 marchi globali. Raddoppiata la quota di bottiglie trattate e quadruplicato il numero di differenti etichette: i fine wine italiani corrono sul Liv-ex e le quotazioni salgono. Da inizio anno a fine settembre, l’Italy 100 è cresciuto del 5,15%, superando in questo arco temporale i cugini francesi, dagli champagne ai Borgogna. Solo nell’ultimo mese i Borgogna hanno rialzato la testa, con un balzo del Burgundy 150 che a settembre ha superato tutti gli altri indici regionali. Una spinta arriva dalle nuove tecnologie, a partire dal trading automatico, che hanno aiutato i vini del Belpaese a guadagnare maggiore attenzione sul mercato, dal momento che sono risultati prontamente accessibili più stock e da più regioni”, dicono le rilevazioni del Liv-ex. A riprova del successo crescente delle nostre etichette, un dato: nel 2007 i fine wine del nostro Paese erano una presenza ininfluente, dieci anni fa erano saliti al 2%, una quota ritenuta a quei tempi un grande successo; oggi il made in Italy in bottiglia è arrivato a contare 1’8,5% degli scambi globali del benchmark londinese in valore. Un segnale chiaro di come sia aumentato l’apprezzamento da parte dei grandi intenditori per i nostri produttori. Nel 2019 si sono registrati 30 nuovi ingressi di vini italiano. E 39 vini, l’11% del totale, si sono qualificati al top. L’importanza crescente del trading online lo prova il Leoville Bartn St.Juline 2016: coronato vino dell’anno dalla rivista Wine Spectator a novembre, ha fatto registrare immediatamente un’impennata di scambi. La stessa impennata aveva fatto registrare il Sassicaia 2015, etichetta di punta tra i Supertuscan, incoronato vino dell’anno 2018. Il trading online sta rendendo sempre più liquido questo mercato: lo evidenzia The fine wine market in 2019, il report annuale appena rilasciato dagli esperti del Liv-ex. Secondo il report annuale, infatti, la tecnologia ha continuato a connettere gli operatori del mercato, trainando un ampliamento e la creazione di un bacino più profondo di etichette scambiate. Non tutto è rosa e fiori. Il 2019, che nella prima metà si era caratterizzato da trend positivi, come la corsa del Borgogna 2017 e un’ottima campagna en premier dei Boredeay 2018, e prezzi stabili, nella seconda metà ha subito l’influsso di alcuni fattori negativi sullo scenario internazionale. Incertezze dovute alla Brexit e alla guerra dei dazi tra Usa e Cina ai quali si sono aggiunte le proteste di Hong Kong. Più recentemente, ha pesato sul mercato anche l’introduzione di dazi aggiuntivi sui vini europei che in realtà colpiscono solo i vini francesi. Sono invece esenti i vini italiani.

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