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La Repubblica

Dopo l’ottima annata le ombre Brexit e dazi per il vino piemontese … Oltre 2 milioni di ettolitri prodotti da un settore che conta in regione 18 mila aziende vinicole e quasi 45 mila ettari coltivati a vigneto. Oltre il miliardo il valore delle esportazioni... Sta bene il vino piemontese, lo dicono i numeri. Ma sul suo futuro si allungano ombre, la guerra dei dazi, la Brexit, l’emergenza ambiente. L'ultima annata, il 2019, è stata un esempio. Ottima, premiata con quattro stelle (su cinque) nell'analisi che ogni anno fanno i Vignaioli piemontesi, associazione che riunisce migliaia di produttori della regione. Ma più avara di uva con una produzione in calo di circa il 15 per cento. In totale sono 2,2 milioni gli ettolitri di vino prodotti da un settore che conta in regione 18 mila aziende vinicole e quasi 45 mila ettari coltivati a vigneto. In lieve aumento è il valore delle esportazioni che supera ormai il miliardo l’anno e interessa circa il 60 per cento del vino prodotto. L’export per il 70 per cento riguarda i paesi Ue. Mentre extra Ue i più importanti importatori sono Usa, Svizzera, Russia e Giappone. In crescita la Cina, ma prima del coronavirus. Come sottolinea Matteo Ascheri, presidente del Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe Roero. “Va bene, la fine del 2019 è stata positiva. Ma sul futuro abbiamo tre incognite: i dazi Usa di cui, nonostante il rinvio, si sa poco, il coronavirus e la Brexit, in ordine di importanza. Sono elementi di incertezza e l’incertezza non aiuta mai i mercati”. Il Piemonte si è portato avanti anticipando, a scanso di rischi, a inizio anno le spedizioni negli Stati Uniti. “C’è molta attenzione nel mondo su Barolo e Barbaresco vini già affermati - aggiunge Ascheri - Su altri invece dobbiamo gestire meglio la situazione”. Proprio su Barolo, Barbaresco a inizio febbraio è stata lanciata a New York per la prima volta un'operazione di promozione con 220 produttori che hanno presentato in una degustazione sulla Quinta Strada, a un migliaio di trader i loro vini, E con una cena di gala con Massimo Bottura come chef e i tre del Volo a rappresentare il bel canto italiano. Ma a fronte dei successi langaroli (nell’area del Barolo un ettaro di vigna vale ormai tre milioni di euro) c’è un Monferrato che insegue tra successi e delusioni. L’Asti secco, varato sulla scia del successo del Prosecco, è appena agli esordi, la Barbera, con il Moscato il vino dai numeri più importanti della regione segnano alti e bassi. E l’allarme lo lancia Giulio Porzio, presidente dei Vignaioli Piemontesi: Tutto gira su tre temi: sostenibilità, reddito, dimensioni. Sostenibilità è il tema del futuro, a cui è collegata la gestione del territorio che è sempre stata fatta dai viticoltori. Ma se non garantiamo loro il reddito minimo , i vignaioli lasciano e i risultati sono quelli Che abbiamo visto con il maltempo. E un’altra riflessione va fatta sulle dimensioni delle aziende vitivinicole piemontesi. Piccolo è bello, ma ci limita. Non abbiamo la capacità di fare massa, né investimenti economici”.

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