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La Repubblica

Nel ventre della Champagne tra vini, arte e un mondo magico … Visite in cantine, storie di personaggi e degustazioni uniche Benvenuti in una terra benedetta, dove assaggiare calici fra i migliori al mondo, ma anche ammirare tramonti e fare pic nic fra le vigne… Andare in Champagne dopo la vendemmia, quest’anno iniziata a fine agosto, è un po’ come essere sempre in cantina. I profumi fermentativi escono dai seminterrati e corrono lungo le strade contribuendo a creare un clima di euforia, anche perché è stata una buona annata, dicono i produttori: il caldo ha reso le uve generose e pronte. il consiglio è di dormire, a Reims perché è più carina di Epernay. Fra le due città c’è la Montagne de Reims che in realtà è una collina: bella, ariosa, morbida, gentile; e c’è la Valle della Marna. Sotto Epernay si sviluppa la Còtes de Blancs. In queste tre zone si trovano Grand. Cui e Premier Cru. La classificazione in Cru risale al 1911 e definisce i comuni in base al valore commerciale delle uve. Se si arriva la sera a Reims, la facciata dell’immensa e bellissima cattedrale gotica assume i colori caldi del tramonto ed è uno spettacolo da non perdere, in tre giorni pieni si possono visitare tipologie diverse di cantine: qualche grande maison storica, qualcuna più innovativa, qualche vigneron. Due, massimo tre cantine al giorno per permettere al naso e alle papille gustative di non stressarsi troppo. Non è una cattiva idea portarsi qualche grano di caffè da annusare fra un vino e l’altro. Il viaggio comincia ringraziando Dom Pérignon sepolto nell’abbazia di Hautvillers, perché pare si debba a lui, monaco benedettino, la rifermentazione in bottiglia e quindi la formazione di bollicine grazie al lento lavoro sui lieviti. Prima tappa, Henri Giraud ad. Ay, azienda nata nel 1625. All’accoglienza opere d’arte, una grande cura e una fontana a uovo. La forza dell’azienda è fondata su tre pilastri: il terroir esposto a Sud con il suolo “crayeux”, una sorta di gesso che assorbe l’acqua e la restituisce alla pianta piano piano nel tempo; la presenza di Pinot Nero e la scelta di acquisire un bosco, la forêt d’Argonne con la quale costruire barrique. La particolarità della cantina è dunque la presenza del legno che offre al vino aromi e struttura generosi e le “uova” di terracotta, ogive di gres e altri materiali - perché da sola la terracotta sarebbe troppo porosa - nelle quali far fermentare lo champagne. I vini sono eleganti, ricchi, burrosi. Più che champagne, sono vini nati in Champagne, evoluti e complessi. Colpisce “Hommage au Pinot Noir” per la persistenza, la min.eralità e una certa carnosità. Bellissime le colline della Champagne: i filari sono bassi, vicini, ordinati e sulla cima c'è spesso un bosco, come un cappello di protezione. La visita alle cantine di Veuve Clicquot a Reims è d’obbligo: 24 chilometri di crayeres antiche, scavate dai romani, cave di gesso dove la temperatura è di 10-12 gradihutto l’anno: ci sono le linee di mezzeria e i nomi delle vie, come in una piccola città dove le bottiglie riposano sui lieviti. La visita è didattica, si può seguire con un tablet per vedere da vicino vari documenti (lettere, accordi fumati, spedizioni e così via), e in una sala si è immersi dai profumi di Pinot Nero, Chardonnay e Meunier. Il secondo giorno, in agenda c’è Pierre Gimonnet a Cuis. L’azienda è familiare e in un posto bellissimo, espressione pura dello Chardonnay, siamo nel regno dei Blancs de Blancs. In cantina ci sono Olivier e Didier Gimonnet, cordiali e cortesi. Vini minerali, complessi ed equilibrati che affinano in acciaio e non in legno. Da non perdere “Oenophile Non Dosé” millesimato 2017 e suo fratello "Fleuron” che ha un dosaggio di 5 grammi/litro di zucchero. E lo stesso vino in due espressioni diverse, il secondo è più morbido e setoso, ma il primo vince: puro, schietto, diretto. È ora di passare al Pinot Nero, da Paul Bara a Bouzy. Qui in cantina c’è un bellissimo torchio antico, molto romantico. Ottimo il “gran rosé brut”, 80% Pinot Nero, 20% Chardonnay, dosato a 7 grammi/ litro, elegante, piacevole e beverino. Non si può non fare una passeggiata su. Avenue de Champagne a Épernay dove cí sono tutte le maison: fa un po' Disneyland ma è anche affascinante. La visita da Moët & Chardon è istruttiva: sembra di essere in un museo, con tanto di quadri e mobili e ci sono 28 chilometri di gallerie dove il vino riposa tranquillo. Il terzo giorno è dedicato ai piccoli vigneron con Pascal Mazet a Chigny-les-Roses che fa un vino biologico portando avanti la filosofia dei genitori, figlia di vignaiolo lei e di contadino lui, che negli Anni Ottanta - quando in vigna era molto usuale pesticidi e diserbanti - hanno fatto una scelta diversa. A guidare il giro per la cantina è Olivier, che sta facendo un grande lavoro per preservare la biodiversità insieme al fratello, ex-web master. E lo fa con cuore, prima che con le mani. Fra gli assaggi “Exception”, Blanc de Noirs: 50% Meunier e 50% Pinot Noir. E un extra brut persistente e profumato di frutta e piacevoli sentori tostati. Anche la toilette è coerente con tutto il resto: non si usa acqua, ma una sorta di segatura che nel giro di qualche tempo trasformerà tutto in compost. Chiudiamo con Perf'ois Lebrun a Cramant in Côte des Blancs, dove i fratelli Antoine e Clément si sono trasferiti dopo che la zia è andata in pensione. Anche loro hanno scelto di lavorare biologico. I vini colpiscono anche per i nomi “Extrovertie”, “Ambitieuse”, ma soprattutto “Le fond du bateau” e “Deirière le mont Aigu”: eleganti, precisi, potenti. Se il tempo è mite, il pranzo migliore è un pic nic in mezzo alle vigne, non lontano dal mulino di Verzenay, dove il sole fa brillare l’azzurro del cielo, il verde delle foglie e il bianco della terra, e sembra di essere in un mondo magico.

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