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Vino, biologico contro transgenico ... Transgenico o biologico? Anche il vino si interroga. E lo fa con di fronte ad un consumatore sempre più attento e più informato. Da un lato la possibilità che la ricerca scientifica e la tecnologia, per studiare forme di resistenza alle malattie della vite, possano minare uno degli alimenti più tradizionali. Dall’altro l’opportunità di salvaguardare l’ambiente ed infilarsi in quella che, almeno per il vino, è ancora una nicchia di mercato. In realtà il settore della trasformazione genetica sembra non considerare la vite alla stessa stregua delle altre colture il cui giro d’affari è notevolmente superiore come nel caso dei cereali. Ma in Europa, negli Stati Uniti e in Australia non mancano prove di coltivazione di viti transgeniche a scopi sperimentali, e a far montare la protesta dei produttori è bastata la decisione dell’Unione europea di consentire la possibilità di commercializzare i materiali di propagazione della vite modificati geneticamente.
Per il biologico il discorso è diverso, se si pensa che non esiste una definizione di vino biologico ma, stando alle definizioni del regolamento Cee n.2092 del 91 e del Codex Alimentarius redatto a livello mondiale, biologica è "l’uva coltivata con metodi biologici". L’Ismea nella Filiera Vino 2001, ha indicato che in Italia nel 2000 (fonte Biobank) la superficie vitata biologica ha interessato oltre 46 mila aziende per più di 29 mila ettari il 70% dei quali coltivati nel sud e nelle isole, mentre nel ’93 erano appena tremila e tredicimila nel ’96. Il dato geografico si ribalta se si pensa invece le cantine che producono "vino ottenuto da uve provenienti da agricoltura biologica" sono per l’80% situate al Nord e al Centro Italia. A scegliere il vino "bio", conosciuto dal 66% dei consumatori, secondo un’indagine effettuata nel 2000 dalla società Eurisko per Biomotor, è un consumatore giovane, settentrionale, istruito e con un buon reddito che acquista principalmente nei canali della grande distribuzione.