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La Repubblica / Affari & Finanza

In viaggio tra le cantine, turismo a prova di crisi: la ricaduta sull’indotto nei distretti enologici, ultima moda per le vacanze ... Vini buoni, posti belli, in poche parole bon vivre, vivere bene. E’ quello che piace sempre di più agli italiani e su questo nuovo trend si fonda il successo del turismo del vino in Italia. Una ricerca non solo di prodotti ma anche di luoghi, cibi, eventi e servizi, che interessa ogni anno almeno 5 milioni di persone e che produce un volume di spesa valutabile intorno ai 1500 milioni di euro. E’ quanto emerge dal Terzo Rapporto sul Turismo del Vino, realizzato dal Censis per conto dell’Associazione nazionale Città del Vino e presentato alla scorsa edizione della Bit, borsa italiana del turismo, a Milano.
Viaggi in paesi esotici? Crociere o escursioni in foreste tropicali o nel deserto? Oggi, con la guerra in Iraq e la paura di attentati sta prendendo piede un modello di turismo diverso, i cosiddetti "viaggi di prossimità". «Il turismo del vino – spiega Francesco Lambertini, docente all’università di Bologna, presidente del Movimento Turismo del Vino, che raggruppa oltre 900 cantine di tutta Italia e che anche quest’anno celebrerà il 25 maggio "Cantine Aperte", appuntamento che si tiene in tutto il mondo — costituisce uno strumento strategico per lo sviluppo economico del territorio». Secondo le valutazioni del Censis c’é un legame economico sempre più stretto fra evoluzione dei vini italiani e crescita del turismo nei luoghi di produzione. Si calcola infatti che, ogni 10 euro di acquisti effettuati nelle cantine dei produttori, si generino almeno 50 euro di spesa nell’indotto sul territorio (ristorazione, prodotti tipici, soggiorni e servizi).
Sono i distretti enologici i magneti di questo turismo spesso di breve durata, magari solo di uno o più weekend. Poli di attrazione sono in particolare le cittàmarchio, come Montalcino (Siena), patria del Brunello, o Alba (Cuneo), dove è nato Slow Food, un movimento internazionale a sostegno della cultura del cibo e del vino che oggi conta oltre 70.000 soci sparsi per tutto il mondo. O ancora Alba, cuore delle Langhe, una delle mete storiche di pellegrinaggi di molti stranieri, attratti dalle distese di Barolo e Barbaresco, alla ricerca di marchi d’élite, come Gaja, ma anche di etichette più abbordabili ma sempre di qualità, come Fontanafredda, la grande tenuta oggi di proprietà del Monte dei Paschi di Siena. Ma al Vinitaly l’attenzione sarà posta in particolare sui distretti emergenti, Maremma in testa, che sta facendo molto per lanciare i propri vitigni.
Un dato significativo di questo movimento, legato a doppio filo all’agriturismo, è che il 65% dei vini segnalati nelle guide di settore (le più prestigiose, Vini d’Italia de L’Espresso, I vini di Veronelli, la Guida del Gambero Rosso, Duemilavini dell’Ais), provengono dalle 500 Città del Vino.
Vino e turismo contro la crisi. «Il nostro settore – dice Rivella – è uno di quelli che va meglio, ma non si può prescindere dalla situazione congiunturale che si è creata a livello internazionale». Così, anche se il vino ha successo e fa tendenza in tutto il mondo, secondo il presidente dell’Uiv c’è molto da lavorare ancora per qualche anno per consolidare i traguardi raggiunti.
E i nostri produttori non stanno certo alla finestra. Quando non ricevono i turisti sono loro ad andare incontro ai clienti, con iniziative promozionali in giro per l’Italia, Tra i più attivi i produttori del Trentino e dell’Alto Adige, che ha dato vita a "In viaggio con i vini dell’Alto Adige", un tour di assaggi fitto di appuntamenti. L’ultima iniziativa corre su due ruote: strade del vino in bicicletta è l’accordo tra Federazione Italiana Amici della Bicicletta e Movimento Turismo del Vino, per escursioni organizzate.

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