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La Repubblica / Affari & Finanza

Mediobanca e gli Usa incoronano Cavit. Per piazzetta Cuccia è tra le prime venti aziende più dinamiche d’Italia. Negli States, dove il gruppo trentino esporta il 60% dei suoi 70 milioni di bottiglie, è l’unico marchio italiano del vino nella classifica dei primi dieci per notorietà ... Il traguardo sta in 100 milioni di bottiglie l’anno. Traguardo reso più vicino dal prossimo completamento di un piano di investimenti che, nell’ultimo quinquennio, ha implicato una spesa di oltre 35 milioni di euro. Nel programma di riqualificazione degli impianti produttivi spicca, in particolare, la nuova cantina da 90mila ettolitri totalmente automatizzata, attualmente la più avanzata d’Europa sotto il profilo tecnologico. A questo punto Cavit è pronta a accelerare ulteriormente la crescita. In tema di crescita, l’impresa vitivinicola trentina nel giugno scorso è stata indicata da Mediobanca fra le prime 20 medie aziende più solide e dinamiche del paese. Nel breve elenco di eccellenze messo assieme dalla merchant bank milanese il caso di Cavit spicca oltremodo perché è l’unica azienda a rappresentare il settore agricolo.
La maggiore cantina italiana, al 31 maggio 2004 ha chiuso il miglior bilancio della sua storia. Il fatturato di gruppo è stato pari a 226 milioni di euro (+14,4%), l’utile ante imposte è ammontato a 2,2 milioni (in linea con l’esercizio precedente). A chi punta il dito sulla scarsa redditività di Cavit, che riunisce 12 delle 15 cantine sociali trentine, il direttore generale Giacinto Giacomini replica senza risparmio di argomenti: ricorda in primis che l’azienda è una coop, ma soprattutto segnala che "i nostri veri azionisti sono i 5.400 coltivatori aderenti alla cantina, ai quali riconosciamo un utile implicito quando concordiamo con loro la valorizzazione del prezzo delle uve". Quanto ai parametri finanziari, il top manager di Cavit rimarca che nell’ultimo quinquennio il cash flow è stato compreso fra 5 e 8 milioni di euro, l’indebitamento a medio/lungo termine è sceso sotto i 4 milioni, il patrimonio netto ha superato la soglia di 25 milioni (quasi tutto costituito da riserve).
In questi numeri trova ragione un itinerario di crescita a suo modo sorprendente. Nel ‘98 Cavit ha prodotto 38 milioni di bottiglie, l’esercizio appena chiuso ha registrato oltre 70 milioni di pezzi. E al raddoppio dei volumi trattati ha corrisposto in parallelo il raddoppio delle masse finanziarie. L’itinerario non è compiuto, la crescita continua. Alessandro Rosso, direttore commerciale per l’Italia, anticipa che il primo trimestre dell’annata 2004/2005 fa emergere "uno sviluppo del 9,9% dei ricavi nel mercato domestico" e una sostanziale tenuta delle vendite nel resto del mondo. "I consumi in Nord America si stanno risvegliando, nel secondo trimestre stimiamo un incremento anche delle esportazioni" aggiunge Giacomini. Puntualizzazione importante, dato che Cavit esporta l’86% del valore della produzione e che l’America del Nord vale da sola attorno al 60% del giro d’affari della cantina trentina. "Abbiamo scoperto l’America nel 1978 — dice ancora il direttore generale — fra i primissimi italiani a tentare quel mercato. Ci siamo inseriti allora con il Pinot grigio, fruttato e piacevolmente delicato, molto adatto a quel pubblico. E’ stato un boom anche grazie alla riscoperta nell’etichetta di un logo universalmente noto come Igt delle Venezie. Oggi siamo l’unico marchio italiano fra i primi dieci conosciuti nei ristoranti Usa".
I fattori di successo di Cavit, nell’analisi di Giacomini, sono presto detti: la disponibilità di una base produttiva, in proprietà indiretta, di circa 7mila ettari interamente concentrati nella provincia di Trento; il controllo sistematico della qualità lungo l’intera filiera, dal campo fino all’imbottigliamento e alla distribuzione; un rapporto molto sorvegliato qualità/prezzo. A ogni singola fase corrisponde una specifica professionalità, per cui agronomo e enologo accompagnano il coltivatore nella scelta dell’impianto del vitigno, nelle tecniche di coltura, nell’individuazione del periodo migliore per la vendemmia.
Un paio di specifici progetti sono indizio ulteriore del focus di Cavit sulla qualità. l’azienda ha eletto fra i propri dipendenti un panel di degustazione quale ultimo test delle caratteristiche organolettiche di vini e spumanti. Alla ricerca della migliore materia prima, Cavit ha dedicato il progetto "Maso", che consiste nell’individuazione dei vigneti d’eccellenza per microclima, terreno e esposizione solare, con cernita finale dei grappoli all’interno dei vigneti prescelti.
Quanto all’esito di questa insistita ricerca della qualità, basti dire che nel primo scorcio del 2004 il medagliere Cavità arrivato a quota 47 nelle più importanti competizioni enologiche internazionali. Di recente il fiore all’occhiello della cantina trentina, Altemasi Riserva Graal vendemmia 1995, ha ottenuto i "Tre bicchieri", massimo riconoscimento che la guida del Gambero Rosso assegna ai vini più prestigiosi. "La strada maestra dello sviluppo sta nel rapporto qualità/prezzo — insiste Giacomini — e tuttavia un aspetto fondamentale consiste pure nella massa critica, nella capacità di interagire con i canali della grande distribuzione su scala mondiale. Su queste basi ritengo che possiamo affrontare serenamente la competizioni internazionale. Dobbiamo avere rispetto, ma non timore, anche degli emergenti: noi abbiamo una storia e una cultura, come nella moda". E qui Giacomini esplicita il parallelo, evidenzia come due ambiti tipici del made in Italy quali il settore vinicolo e quello della moda possano seguire percorsi simili. L’affermazione di Cavit, pur nelle sue peculiarità, risale a un mix di ingredienti che chiama in causa lo stile italiano, non diversamente da Armani o Tod’s.

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