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La Repubblica / Affari & Finanza

Alla guerra delle bollicine ... Il trend/ E’ scoppiata la "bolla del rosè" che sta facendo impennare le vendite di champagne e spumanti, una moda che parte dagli Stati Uniti ma si è già diffusa anche in Italia ... Persino camerieri e sommelier sono stati caricati sull’aereo e portati dall’Italia appositamente. Per la serata degli Oscar di Los Angeles il cantante Elton John ha organizzato una cena di beneficenza tutta all’insegna del Made in Italy, comprese le bollicine: rigorosamente firmate Ferrari. La Riserva del Fondatore è uno dei marchi di punta degli spumanti italiani, tra i più agguerriti e, soprattutto, dotati, per fare concorrenza agli champagne francesi. A partire dagli Stati Uniti, da sempre sbocco per eccellenza delle bollicine. Un mercato dove le nostre etichette si stanno affermando con sempre maggior forza: secondo le ultime rilevazioni di Italian Wine & Food Institute, l’istituto diretto da Lucio Caputo e dal produttore toscano Jacopo Biondi Santi, le importazioni americane dei nostri spumanti sono aumentate lo scorso anno del 5,4% in quantità e ben del 9,3% in valore, appena poco meno delle bollicine francesi. Certo, in termini assoluti il giro d’affari realizzato oltreoceano è circa un terzo di quello francese, ma quasi il doppio di quello degli spagnoli, che pure sono riusciti a farsi apprezzare all’estero meglio e prima di noi. Il vento della ripresa che soffia sugli Stati Uniti ha, evidentemente, rasserenato i consumatori. E l’ottimismo sul loro futuro apre le porte a nuove mode. E’ scoppiata "la bolla rosé" come l’ha ribattezzata Newsweek. Secondo il magazine americano la guerra tra i grandi marchi francesi Veuve Clicquot e Dom Perignon, del gigante del lusso Lvmh, e la rivale Laurent Perrier, si combatte per la conquista del nuovo trend, le bollicine rosé, che da sole stanno assicurando tassi di crescita a due cifre sia negli Usa che nel resto d’Europa. Ma non ci sono solo i francesi. Ora a erodere quote di mercato alla concorrenza ci pensano ora anche gli italiani. Tutti con una etichetta rosè in portafoglio.

«I consumatori americani, tra quelli a più alta capacità di spesa e che nel tempo hanno affinato gusto, si intendono di etichette internazionali, cominciano ad apprezzare il prodotto italiano. Andiamo bene soprattutto con le nostre etichette di fascia più alta, il Grand Cuvée e il rosé, negli Usa una delle referenze che sta andando per la maggiore», racconta Roberto Barbato, direttore commerciale Tmt, la società commerciale del gruppo Terra Moretti, che ha in portafoglio Bellavista e Contadi Castaldi, due marchi di punta del Franciacorta, la Docg della provincia di Brescia che si fa sempre più apprezzare all’estero: su un fatturato di circa 17 milioni di euro - in crescita del 15% sul 2004 - il giro d’affari realizzato all’estero pesa per il 25%, e l’export è passato dal 10 al 12%. grazie soprattutto a Usa e Giappone, altro mercato in forte crescita per le nostre bollicine.

«L’inaugurazione del flagship store, il negozio bandiera di Valentino a Ghinza, la Montenapoleone di Tokyo, è avvenuta con il nostro Ferrari, che ai Giapponesi piace molto, si abbina molto bene per esempio con il sushi. Puntiamo a sfruttare le sinergie tra i marchi dell’eccellenza del made in Italy per amplificare l’impatto in termini di immagine sotto l’ombrello di Altagamma, l’associazione che raccoglie e integra le strategie di comunicazione dei marchi del lusso del made in Italy di tutti i settori», racconta Matteo Lunelli, vicepresidente della Ferrari Lunelli.

Gli champagne francesi, come il Ruinart venivano bevuti nelle grandi corti d’Europa fin dalla fine del 1700. Per gli spumanti italiani si tratta di una battaglia contro marchi che hanno secoli di marketing alle spalle. Tanto più i risultati emergono con veemenza: l’autorevole rivista enologica tedesca ha premiato con le cinque stelle La Riserva del Fondatore dei FerrariLunelli, classificandola sopra Dom Perignon, Moët & Chandonne e Veuve Clicquot, marchi storici che si sono dovuti accontentare di meno stelle. Non era in lizza il Krug, il re degli champagne, appena uscito con un Clos du Mesnil 1995 che viene venduto in Usa a 750 dollari. Un prezzo lontano dalle nostre etichette. «Eppure lo comprano, anche in Italia, un mercato molto importante per noi come gli Usa: la produzione è sempre al di sotto delle richieste del mercato. I nostri clienti non chiedono champagne, chiedono Krug, un nome che è di per sé un brand», racconta Rèmy Krug, ottava generazione dei fondatori della casa francese oggi controllata dal gigante del lusso Lvmh, ma sempre sotto la guida della famiglia.

Rispetto ai francesi, troppa strada devono fare gli italiani. Il boom d’Oltreoceano è infatti per il nostro paese un risultato relativamente recente. Le quote di export sono ancora una percentuale minore rispetto al fatturato realizzato all’estero. Solo fino a poco più di 10 anni fa imporsi negli Usa era impresa ardua. «Alla fine degli anni 80 come gruppo Berlucchi abbiamo fatto un investimento rilevante a Manhattan, per conquistare i ristoranti e alberghi di maggior lusso, abbiamo addirittura costituito una società di import e distribuzione. Ma siamo dovuti tornare indietro.

Evidentemente era troppo prematuro. Così, nel frattempo ci siamo posizionati su altri mercati, dal Giappone a Inghilterra e Germania, ora siamo anche presenti in Lituania», racconta Cristina Ziliani, figlia di Franco, fondatore con Guido Berlucchi del gruppo di Borgonato, vicino Brescia, altro grande marchio italiano con circa 37 milioni di euro di fatturato e 4 milioni e 600 mila bottiglie vendute. Oggi anche proprietario di Antica Fratta, villa ottocentesca con vecchia cantina rilanciata dalla stessa Cristina Ziliani. Spiega Cristina: «Gli ultimi dati IsmeaAc Nielsen confermano il trend di questo settore, che ha conosciuto un incremento graduale ed è passato indenne, a differenza del resto del settore enologico, attraverso la crisi degli ultimi anni».

Una crescita costante, dunque, che riguarda sia il versante del metodo classico, ovvero la rifermentazione in bottiglia, che il cosiddetto charmat, la rifermentazione in grandi autoclavi. Secondo le rilevazioni dell’associazione Jeunes Restaurateur fornite per una ricerca condotta da Vinitaly, gli italiani hanno imparato a bere le bollicine durante tutto il giorno, al bar e al ristorante. In particolare, il Franciacorta ormai è richiesto quanto lo champagne francese a tutto pasto, soprattutto dai giovani.

«E’ la nuova moda dell’easy to drink, facile da bere, adatto a un buon aperitivo, come a tutto pasto, facile da abbinare in diverse occasioni, soprattutto il rosè», racconta Antonio Motteran, direttore Carpenè Malvolti, brand di punta del prosecco di Conegliano Veneto con un fatturato di 21 milioni di euro, in crescita sul 2004 e per il 40% realizzato in 40 paesi stranieri. I più importanti sono Svizzera, Canada, Usa, Giappone, Germania, Uk. Di recente ha segnato l’ingresso in Russia, altro grande mercato in crescita per le bollicine italiane. E ora alla conquista della Cina, «Vogliamo prepararci al boom dei consumi previsto, anche con l’arrivo di tanti stranieri, in concomitanza con le Olimpiadi del 2008», prosegue Motteran.

Nel corso del Salone del Mobile, che si tiene fino all’8 aprile a Milano, la Veuve Clicquot offre tutte le sere l’happy hour a base di rosé abbinato a salmone norvegese. Segno di come cambiano le strategie di marketing e comunicazione. Il cliente va coccolato, stimolato, mai stancato, anche quando si ha a che fare con marchi storici, nomi che si identificano con il prodotto. «Il nome della marca diventa sempre più importante, il consumatore si orienta sulla marca intesa come garanzia di qualità, di tradizione, di costanza produttiva. Ma la marca deve essere supportata da una attività di comunicazione al consumatore sul marchio ma anche di presenza e attività promozionali», incalza Lamberto Vallarino Gancia, a capo della cantina che ha appena raggiunto il traguardo dei 100 milioni di euro di fatturato, per il 20% realizzato all’estero, dagli Usa, al nord Europa, Asia, Australia, Giappone. Marchio storico delle bollicine italiane che dopo aver conquistato la Cina si accinge ad approdare in India.

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