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La Repubblica / Affari & Finanza

Chi decide il prezzo di una bottiglia ... L’appuntamento è al Park Hyatt di Milano. Un folto gruppo di esperti e giornalisti è stato convocato per testare in anteprima, appena usciti dalle botti, una serie di vini di fascia alta. Degustazione cieca finalizzata a decidere quale è il giusto prezzo di uscita sul mercato della bottiglia. In Francia si fa ogni anno, da 50 anni. Noi siamo alle prime esperienze. «E’ molto importante la fase di determinazione del prezzo», afferma Mako Onfermann, uno dei due soci fondatori di Winetip, società specializzata nella selezione, conservazione e trading di vini di grande qualità, organizzatrice dell’evento. Spiega Onfermann: «Il secondo anno, questo è il terzo, abbiamo visto che la vendemmia era di pari qualità rispetto all’anno precedente ma, come si fa a Bordeaux, si è deciso di lasciare i prezzi invariati per la crisi dei consumi. Sono tante le variabili da mettere in conto. Ma l’uscita sul mercato non può essere fatta autonomamente dal produttore».

Dopo anni di prezzi alle stelle, il mercato è arrivato finalmente alla resa dei conti. I consumatori, spinti dalla crisi e più consapevoli del livello dei prodotti, hanno cominciato a tirare i cordoni della borsa. Ora le vendite hanno ripreso a salire, ma per farlo i vertici delle aziende hanno dovuto mettere mano alle strategie, a partire dalle politiche di prezzo. «La nuova tendenza è conoscere il vino, capire cosa c’è dietro, andare a visitare i luoghi di produzione. I consumatori sono sempre più curiosi, chiedono, si informano e, soprattutto, stanno molto attenti al prezzo. Chi si è lamentato della salita dei prezzi sono i consumatori della fascia intermedia, quella dove è più facile distorcere il rapporto qualità prezzo. Ma ora la ricerca della qualità corre di pari passo con l’attenzione ai prezzi: le ultime nostre indagini, rilevano che i turisti del vino, una fascia crescente di popolazione, sono disposti a spendere per tre bottiglie non oltre i 43,3 euro», racconta Magda Antonioli, direttore del Master in Economia del turismo alla Bocconi, membro dell’Osservatorio sul vino dell’Ateneo.

Quella del prezzo è la nuova frontiera del vino. E dopo tanti dibattiti, ora si fa qualcosa di concreto. L’ultima novità arriva dagli Stati Uniti, dove due emeriti docenti di Harvard e Princeton hanno lanciato il primo Journal of Wine Economics giornale di informazione sul vino come fenomeno economico. I primi articoli: ‘Effetti dell’informazione sul prezzo di prenotazione degli Champagne’, e ‘Cosa determina il prezzo del vino, rapporto tra obiettivi e caratteristiche sensoriali’. L’editore è una fondazione non profit che ha fondato l’Associazione degli economisti del vino.

La domanda, a questo, punto è: quale sarà l’effetto di questo strumento, superqualificato e, all’apparenza molto indipendente, sul mercato? Di fatto, le oscillazioni di prezzo non seguono solo la semplice logica della domanda e dell’offerta. E anche in Francia, che pure ha una lunga tradizione di formazione ragionata del prezzo, non sono mancate le pressioni per far lievitare le annate peggiori.
Fare chiarezza sui meccanismi di formazione dei prezzi è diventato un tema di attualità anche in Australia, dove si è appena registrato il crollo del costo delle bottiglie: la Deloitte in collaborazione con la Federazione dei Winemaker ha realizzato un Annual financial benchmarking survey, una rilevazione basata su una performance di riferimento. La nuova edizione sarà resa pubblica non prima di un mese.
Il crollo dei prezzi australiani, dovuto in gran parte, come si legge sul magazine inglese Decanter, alla crescente estensione dei vigneti, annuncia una nuovo terremoto per il mercato occidentale. Anche perché si tratta di un trend che sembra destinato a perdurare. Il ministero dell’Agricoltura di Sidney ha già previsto un crollo del prezzo delle uve per la prossima vendemmia, del 5% sia per le uve bianche che per le rosse. Il ribasso dei prezzi potrebbe spingere un’ulteriore ripresa delle vendite dei prodotti di questo paese.

La qualità è stata finora l’arma usata dai viticoltori italiani per riguadagnare terreno nella fiducia dei consumatori e riprendersi quote di mercato. Ma l’effetto discount è una variabile da tenere bene in considerazione. Proprio ora che si discute, animatamente, della normativa europea sul vino ai trucioli che dovrebbe essere approvata entro un paio di mesi. Gli italiani sembrano i più agguerriti nell’impedire la regolarizzazione di pratiche tipiche di paesi come l’Australia che per dare l’effetto invecchiamento buttano in botte i trucioli, capaci di dare vita in breve a vini morbidi, ruffiani, quelli che chiedono i consumatori. Quanti produttori sapranno resistere alle tentazioni imposte dalle nuove logiche del mercato globale? Già oggi non tutto il vino si fa solo in vigna. Acceso è il dibattito sulla gomma arabica, che viene aggiunta senza alcun regolamento di controllo. I tannini si comprano in polvere. Negli Usa, poi, la tecnologia è al completo servizio del consumatore: per soddisfare la richiesta di vini più leggeri, a Santa Rosa, in California, è stato installato un gigantesco macchinario tecnologico capace di rimuovere l’alcool dal vino.

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