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La Repubblica / Affari & Finanza

Riforma Ue, contro il vino-Lego scende in campo anche la repubblica ceca ... Nella Moravia meridionale i produttori rivendicano le loro tradizioni, ultimo tassello nel fronte trasversale europeo insorto contro Bruxelles e l’Oiv. La guerra dello zucchero e dei nuovi vigneti... Si annuncia battaglia in merito alla nuova proposta di riforma sul vino presentata alla Commissaria all’Agricoltura Mariann Fischer Boel e che viene portata in discussione proprio oggi al Consiglio e al Parlamento. Uno dei punti caldi riguarda il divieto di aggiungere zucchero per aumentare la gradazione. Una pratica molto diffusa nei paesi del Nord, dove il clima, più freddo, non garantisce la formazione di una giusta gradazione alcolica. In Italia è proibita, ma è ammessa in Germania, Gran Bretagna, Ungheria e alcune zone della Francia. Tutti paesi dove i produttori sono già scesi sul piede di guerra. Grandi produttori. Ma anche piccoli, non meno agguerriti. Come la Repubblica ceca, nota per la sua birra, meno per i suoi vini che invece sono molto pregiati. “Ci opporremo al divieto di aggiungere zucchero. Fa parte della nostra tradizione produttiva aggiungere zucchero per evitare che il vino inacidisca. E’ il corrispettivo dell’acidificazione praticata dai paesi meridionali, che hanno il problema opposto al nostro.
Allora dovrebbero vietare anche l’acidificazione. Altrimenti il provvedimento diventa. discriminatorio nei nostri confronti”, è l’annuncio fatto da Ivo Hlavò, viceministro del ministero dell’Agricoltura ceco, nel corso della presentazione di una rosa di etichette di punta presso la sede dell’ambasciata, a Roma. Dal primo maggio del 2004 entrata nell’Unione Europea, la Repubblica ceca si accinge a vendere nel mercato comune anche i suoi vini, prodotti prevalentemente nella zona della Moravia del Sud, turisticamente molto attraente per i paesaggi e per i castelli.
Ma anche per le sue vigne, storiche: ci sono cantine che risalgono al XII secolo. Una lunga tradizione vitivinicola, insomma. Simile all’Austria, anche per tipologia di vini (come gli Icewine, vini dolci ottenuti alle uve che si ghiacciano sulla pianta). “Dal punto di vista enologico il rilievo della repubblica ceca è inappuntabile. E’ loro tradizione, cosi come da noi c’è la tradizione di intervenire aggiungendo mosto rettificato. I vini vengono benissimo, fermo restando che l’ideale è sempre ottenere il grado alcolico tutto dalla vigna. Il nostro governo è favorevole alla riforma, ma se dovesse essere accolta l’istanza degli altri paesi si creerebbero dei punti di criticità, delle disparità a nostro svantaggio, visto che la stessa riforma prevede la cessazione degli aiuti per l’aggiunta del mosto”, commenta Guido Tampieri, sottosegretario alle Politiche agricole, presente all’evento.
Un grado alcolico in vigna costa 10 volte più di un grado alcolico ottenuto con il mosto, che costa a sua volta di più del grado alcolico ottenuto con lo zucchero. L’obiettivo originario del provvedimento è impedire che il mercato venga invaso da vini tinti venduti a basso costo.
Di fatto, quello che viene bloccato da un lato rischia di rispuntare dall’altro. Procediamo con ordine. Danimarca, Olanda Gran Bretagna, stanno impiantando vigne, anche sfruttando il cambiamento climatico. Fra qualche anno arriveranno i vini di quei Paesi, come sono già arrivati quelli cileni, australiani, argentini e sudafricani. Nulla di male in una visione concorrenziale del mercato. Di fatto, si assiste invece a un paradosso: mentre si creano nuove vigne la riforma del mercato prevede infatti lo stanziamento di incentivi per l’espianto volontario dei vigneti.
Un provvedimento, quest’ultimo, preso per far fronte al problema della sovrapproduzione. Che rischia però di venire vanificato anche dalla possibilità di regolarizzare vigneti irregolari, pagando una multa. La riforma non dovrebbe venire approvata prima della primavera del prossimo anno. E contro Bruxelles ma anche l’Oiv, l’organizzazione intergovernativa del settore, sta emergendo un fronte trasversale impegnato nella difesa delle vigne e delle cantine.
Nella riforma, infatti, si paria di valutare le pratiche enologiche accettate dall’Oiv nel resto del mondo. E tutti temono che l’Europa venga invasa dal vino-Lego. Un vino che si monta con i mattoncini: un po’ di tannino, meno zuccheri, più legno e tanta fantasia. Un vino che si può costruire a tavolino, nei grandi stabilimenti industriali, e non importa né dove né come è cresciuta l’uva. E dove lo si fa. Basta l’etichetta, magari proveniente dall’Italia, e poi lo si manda in giro per il mondo, magari in Svezia e Norvegia.
Venduto a due soldi alle giovani generazioni che ancora devono affinare il palato. Trend che si sono già affermati in Australia, Nuova Zelanda. E che ora rischiano di affermarsi anche da noi. Col rischio di tagliare fuori dal mercato mondiale i grandi marchi europei. Anche quelli della piccola Moravia. Che produce poco, ma con etichette di prestigio, che si stanno facendo avanti nei concorsi internazionali.

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