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La Repubblica / Affari&finanza

Per i produttori italiani s’avvicina l’ora della Borsa ... Nel mondo vi sono 45 titoli appartenenti a 39 emittenti ma di queste nessuna è italiana anche se la Illva partecipa ad una delle aziende cinesi quotate. I segreti per vincere una sfida difficile in un'analisi condotta tra il 2001 e il 2004... Il settore vitivinicolo italiano assume una rilevanza particolare a livello nazionale e internazionale. L’Italia è leader mondiale, insieme alla Francia, per la produzione di uve e la loro commercializzazione in vino. Il settore, unico nella filiera agroalimentare italiana, contribuisce alla bilancia commerciale con un saldo attivo di 2,7 miliardi di euro e occupa un ordine di grandezza di ottocentomila addetti. Il settore è quindi un potenziale target di estremo interesse per effettuare investimenti finanziari, ad esempio nelle imprese leader e coleader del mercato. Se si assume una panoramica internazionale, nel mondo vi sono 45 titoli, appartenenti a 39 emittenti di 12 Paesi diversi, che sono riconducibili ad aziende che hanno come core business, o come attività preponderante (almeno il 50% del loro fatturato), la produzione e la commercializzazione di vino Nessun emittente è un’azienda italiana, esiste però il caso di un’impresa italiana, la Illva, che partecipa una delle due aziende cinesi quotate (la Yantai Changyu).
Stando ad indiscrezioni e voci che circolano da mesi vi sarebbero due aziende italiane che starebbero valutando l’ipotesi della quotazione in Borsa (il Giv - Gruppo Italiano Vini e la Agricola Masi), mentre molte altre avrebbero i numeri per potere accedere al mercato azionario. E’ però interessante chiedersi come la Borsa accolga le aziende vinicole, che per natura del loro business hanno un paio di caratteristiche che dovrebbero piacere poco ai mercati finanziari. La prima è che il business vinicolo può portare ritorni economici solo sul medio e lungo periodo, mentre i mercati di norma vogliono vedere risultati rapidi e crescenti nel breve termine. La seconda è che il settore è caratterizzato dalla necessità di compiere rilevanti investimenti in attività fondiarie (terreni per impiantare i vigneti) e immobiliari (cantine per la vinificazione e la maturazione), se non addirittura la componente di business vinicolo e quella immobiliare si fondono tra di loro in maniera quasi indissolubile (si pensi alla presenza di dimore storiche negli attivi aziendali, quale è il caso degli chateau francesi). La presenza di un elevato capitale investito a bassa intensità di rotazione peggiora gli indicatori di performance reddituale dell’azienda, ad esempio il Roi, al quale gli investitori guardano per fare le loro scelte. Presentandosi ai mercati in questo modo le aziende vinicole rischiano di non essere capite e quindi sottovalutate.
Una ricerca condotta a questo proposito sulle aziende mondiali quotate è andata a verificare proprio questa tesi.
L’analisi si riferisce al periodo temporale gennaio 2001 - giugno 2004 e ha riguardato i titoli con almeno sei mesi di quotazione. Innanzitutto si è andato a verificare quali sono state le aziende che sono andate peggio rispetto all’andamento dell’indice di borsa dei mercati mondiali (il Msci All Country World Index), quelle che sono state in media e quelle che hanno battuto il mercato. Successivamente, si sono individuate le aziende che presentano una intensità di attività fondiarie e immobiliari sul totale del capitale investito superiore rispetto alla media (che è risultata essere del 35%), quelle che sono in media e quelle che invece sono sotto la media. Infine, si è andati a vedere la corrispondenza tra le due dimensioni di analisi, evidenziando che tutte le aziende che il mercato sottovaluta hanno un’intensità di investimenti superiore rispetto alla media mentre, al contrario, quelle che sono state premiate dal mercato presentano una intensità degli attivi fondiari e immobiliari inferiore alla media.
Il periodo successivo, da luglio 2004 a dicembre 2005, sebbene non sia stato considerato nella presente analisi, dovrebbe confermare gli stessi risultati. Le conclusioni che si possono trarre sono duplici e riguardano sia il lato degli investitori sia quello delle aziende quotate. Dal punto di vista degli investitori è sicuramente da preferire, nella scelta dei titoli da acquistare, quelli delle aziende vinicole che presentano un rapporto tra attivi fondiari e immobiliari e capitale investito basso perché sono quelli che il mercato tende a premiare. Per le imprese vinicole, siano esse già quotate oppure che stanno pensando alla quotazione, quale è il caso di alcune aziende italiane, è opportuno che, prima di andare in quotazione, effettuino uno spin off immobiliare e fondiario di tutte quelle attività che non sono strettamente strumentali al business vinicolo, al fine di “alleggerire” l’azienda operativa da portare in Borsa da beni che magari hanno un valore edonico altissimo, quale è il fascino di una dimora storica, ma che all’atto pratico non solo non contribuiscono alla performance reddituale dell’impresa ma addirittura ne peggiorano gli indicatori.
(arretrato de La Repubblica - Affari&Finanza del 23 ottobre 2006) 

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