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La Repubblica / Affari&finanza

Etichette, continua la battaglia contro i vini della globalizzazione ... La riforma del settore slitta a fine dicembre perché la battaglia si fa sempre più infuocata e ora sono scesi in campo anche i produttori minori dell’Europa allargata... “Negli ultimi 15 anni i vini da tavola vennero relegati all’inferno, non potendo più portare in etichetta le indicazioni di varietà e di annata; risultando cosi fortemente penalizzati in confronto ai vini del Nuovo Mondo che invece le portano e che agli occhi dei consumatori occasionali, che costituiscono almeno il 70% dei consumatori di vino, vengono viste come indicazioni qualificanti. Continuare su questa strada sarebbe un arto di puro masochismo”. Angelo Gaja, produttore piemontese divenuto l’emblema del vino italiano nel mondo, non fa mancare di farsi sentire anche in merito all’ultima delle querelle scatenate dalla riforma del regolamento del settore del vino dell’Ocm, organizzazione comune di mercato (Ocm) presentato dalla Commissaria europea all’Agricoltura, Mariann Fischer Boel.
“La proposta di riqualificare i vini da tavola nel nostro paese consentirebbe di orientare di accogliere in questa fascia quei vini di prezzo più basso, quelli che vendono al pubblico a prezzo inferiore ad euro 1,50 a bottiglia, sottraendoli alle Igt ed alle Doc che a lungo andare dai prezzi perennemente bassi ricevono discredito”, scrive in una delle sue lettere. È solo l’ultimo dei temi di un dibattito che vede i paesi membri dell’Ue divisi. Uno dei punti caldi riguarda il divieto di aggiungere zucchero per aumentare la gradazione.
Una pratica molto diffusa nei paesi del Nord, dove il clima, più freddo, non garantisce la formazione di una giusta gradazione alcolica. In Italia è proibita, ma è ammessa in Germania, Gran Bretagna, Ungheria e alcune zone della Francia. Tutti paesi dove i produttori sono già scesi sul piede di guerra. Grandi produttori. Ma anche piccoli, non meno agguerriti. Come la Repubblica ceca, nota per la sua birra, meno peri suoi vini che invece sono molto pregiati, si oppone al divieto di aggiungere zucchero. Una tradizione produttiva per i paesi freddi, che permette di evitare che il vino inacidisca. È il corrispettivo dell’acidificazione praticata dai paesi meridionali, che hanno il problema opposto. La battaglia si allarga e la riforma slitta a fine dicembre. La miccia l’ha accesa la proposta di ammettere l’uso di trucioli al posto dell’affinamento nelle botti, contro la quale è sceso in campo un fronte trasversale che vede schierati in Italia contro quella che definiscono una “barbarie” parlamentari come Tabacci e Cacciari.
Con una mozione presentata da Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente, e sulla quale si sono mobilita li Città del vino, Coldiretti e Legambiente, SlowFood.
Trucioli, acidi, gomma arabica, carbone. In realtà il mercato è invaso dal vino Lego, il vino che si monta con tanti diversi mattoncini: un pò di tannino, meno zuccheri, più legno e tanta fantasia. Costruito a tavolino, nei grandi stabilimenti industriali, e non importa né dove né come è cresciuta l’uva. E dove lo si fa. Basta l’etichetta, magari di provenienza italiana, e poi lo si manda in giro per il mondo, magari in Svezia o Norvegia. Venduto a due soldi alle giovani generazioni che ancora devono affinare il palato. Trend che si sono affermati in altri paesi, come l’Australia e la Nuova Zelanda. E che hanno preso piede anche nell’Unione Europea con il rischio di tagliare fuori dal mercato mondiale uno degli ultimi asset dell’economia italiana: i grandi marchi della viticoltura italiana. C’è gran fermento e tutti sembrano muoversi nella direzione della tutela della qualità. In realtà il fronte è diviso. C’è per esempio il timore che senza un’adeguata battaglia che leghi indissolubilmente il vino al territorio, la vera filiera capace di garantire la diversità e tipicità, e non ai soli vitigni, possano poi passare riforme più disinvolte in linea con le tendenze dell’Oiv, organizzazione intergovernativa del settore, che aprano la strada, appunto, al vino alla cinese, quello fatto imbottigliando vini sfusi cileni, con riserve e etichette retrodatate.

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