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La Repubblica / Affari&finanza

La “Wine bag” un piacere per chi ama il buon vino ... L’ho visto e sentito discutere con il sommelier all’Antica Osteria del Ponte alle porte di Milano, dopo due bicchieri di un’etichetta prestigiosa. Alla fine, l’avventore, un distinto signore sui sessant’anni che mi diranno essere un banchiere ginevrino, scosse la testa: “Purtroppo da voi non avete ancora l’abitudine parigina delle wine bag”. In Francia, la wine bag sta diventando l’ultima facility dei bevitori che non vogliono diventare né banali né beoni. Il ristoratore infila nella sportina ben sigillata la bottiglia consumata a metà, pronta per essere finita altrove.
Si usa nei locali di classe e, ovviamente, per i vini di maggior pregio. In Italia, invece, nessuno ha l’ardire di portarsi a casa il vino residuo. Sarebbe considerato da ubriaconi o da avari o da poveri. Ed è un peccato. Per quattro buone ragioni:
a) Sicurezza. Il solitario che dà fondo alla bottiglia per non avanzare il prezioso nettare rischia di essere poi fermato dalla polizia per un tasso alcolico troppo elevato. Ma anche immaginando una cena a due, il pericolo sussiste: basta che uno sia astemio. La wine bag consente di bere il giusto senza sprecare.
b) Qualità. Per non temere la prova del palloncino, in una cena a due non si cambia vino. Qualche volta la bottiglia tutto pasto può andare, ma non può diventare la regola. Come dice Anthelme Brillat Savarin: “Sostenere che non bisogna cambiare vino è un’eresia: la lingua si satura, e dopo il terzo bicchiere anche il vino migliore desta una sensazione ottusa”. La wine bag permette di partire con un bianco e finire con un rosso senza sprecare.
c) Libertà. Qualche ristorante, sempre ispirandosi ai francesi, usa abbinare vini e piatti, ma pagare al consumo risulta talvolta assai esoso. E priva del gusto di una scelta personale. Le signore apprezzano l’amico che sa scegliere con sicurezza (ma anche senza inutili sfoggi di erudizione bacchica).
d) Dopo cena. Se la serata è romantica, il vino spesso diventa un complice essenziale. Quella certa bottiglia offre un’emozione che sarebbe un delitto non vivere fino in fondo. Dunque, si esca ancora sobri, ma si possa sorbire anche l’ultima goccia nell’intimità di una camera o davanti al caminetto.
Naturalmente, dall’estero si possono importare con profitto anche costumanze opposte: anziché portar via la bottiglia dal ristorante, portare al ristorante la propria bottiglia. L’uso è frequente in Australia e negli States, presuppone una fee di 1020 dollari per il disturbo e già si segnala con un acronimo: “Byob”, Bringing your own bottles. Se ne hai una davvero speciale, perché non fartela stappare e condividerla al ristorante?

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