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La Repubblica Affari&finanza

‘Call’ e ‘Put’ per investire in vini ... Derivati sui cambiamenti climatici per proteggere la produzione vitivinicola sviluppando un nuovo mercato per il trading di Borsa. Un forum alla Sda Bocconi di Economia&Management e Repubblica-Affari&Finanza... Derivati sui cambiamenti climatici a tutela del vino. Una novità, che potrebbe arrivare presto in Italia. “L’agricoltoreè stato abituato a subire fatalisticamente gli eventi negativi della natura, ma i tempi sono cambiati”. Emilio Pedron. amministratore delegato Giv, Gruppo italiano vini - cantine in tutta Italia, 294 milioni di fatturato per il 70% all’estero - non ha dubbi: “Altro che “old old economy” - dice - l’agricoltura è basata su aziende organizzate, che fanno investimenti ingenti in terreni, in alcune aree più
pregiate, come il Chianti, il Valpolicella, il Barolo la terra costa 200-300mila euro all’ettaro, ma
anche tecnologici e produttivi, con impianti di ricerca da far invidia alle società hi tech. Ci vuole assolutamente una soluzione tecnica più finanziaria che tuteli il reddito. Tanto più che i rischi sono aumentati: una volta c’erano il gelo e la grandine; ora si sono aggiunti gli uragani, il buco nell’ozono che potenzia il sole, la siccità, escursioni climatiche estreme che hanno ampliato le potenziali cause di perdita del prodotto sia in termini quantitativi che di qualità delle uve stesse e del vino imbottigliato e invecchiato”.

La prova dell’impatto dei cambiamenti climatici viene dall’ultima vendemmia, nel 2007, che ha registrato un calo della produzione del 12% proprio per il clima, in seguito alla quale i produttori hanno annunciato aumenti del listino prezzi sulle etichette in commercio a partire da quest’anno. Un brutto colpo anche per i consumatori. Difendersi dai cambiamenti climatici si può. con diversi mezzi: impianti di irrigazione, reinnesto nuove piante, interventi in vigna o cantina. Ma tutto si traduce in un aumento dei costi. E non sempre è garantita una protezione totale. Le assicurazioni hanno attivato soluzioni più moderne del semplice rimborso sui chili d’uva persi, ma ancora non basta. Anni fa sono stati lanciati i primi futures, tra i fautori lo scomparso Vincenzo Maranghi, presidente di Mediobanca, grande esperto di vini che ha subito fiutato le opportunità offerte dal mercato. Di fatto sono diventati strumenti di acquisto en primeur per tutelare i consumatori dagli aumenti di prezzo delle bottiglie più pregiate, come fanno le compagnie aeree con il carburante. Ma il mercato è ormai maturo per operazioni più complesse di finanza strutturata.
Un esperimento, in Italia, l’ha condotto Claudio Zara, docente di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari alla Sda Bocconi, che per conto del Carefin ha studiato l’applicazione di weather derivatives sull’areaa dell’Op Bonarda, simulazione già pubblicata da Affari& Finanza, una strategia di hedging, copertura, simile ai derivati sui cambiamenti climatici nel settore energetico. “Si tratta di un contratto di area riferito all’intera Doc - racconta Zara - la strategia proposta è realizzata attraverso l’acquisto congiunto di un’opzione put e un’opzione call, con uguale prezzo di esercizio che pone al riparo contemporaneamente da rischi di temperatura
troppo alta o troppo bassa”. Il lavoro di Zara sarà al centro di un Forum organizzato dalla rivista Economia&Management e Repubblica Affari&Finanza che si terrà alla Sda Bocconi giovedì prossimo. Attorno al tavolo esponenti del mondo bancario, Gabriele Gori, Direttore Mps Capital Services Banca per l’impresa; assicurativo, Alessandro Marchionne, direttore Agricola San Felice-Gruppo Allianz, e produttivo: Adriano Baffelli, direttore del Consorzio Franciacorta, Matteo Lunelli, amministratore delegato Cantine Ferrari e Emilio Pedron, amministratore delegato Giv. Un osservatorio a 360
gradi per studiare il possibile utilizzo di questi strumenti.

I beni agricoli sono cibo e non commodity, ha tuonato Carlo Petrini, fondatore di SIow Food. E sono in molti puntare il dito contro la speculazione finanziaria, considerata colpevole dell’impennata dei prezzi delle materie prime. “In realtà i derivati sono nati per tutelare l’agricoltura. I1 mercato dei derivati più sviluppato al mondo non è il Nasdaq, ma Chicago, la più grande borsa merci del pianeta. Il problema vero è un altro, bisognerebbe garantire l’accesso a questi titoli a tutti i consumatori e non solo ai grandi investitori istituzionali”, afferma Salvatore Miserendino, tra i primi italiani a occuparsi di finanza strutturata, già a Londra per Abn Amro, oggi responsabile Investment banking di Bank Vontobel per l’Italia. Grano, mais, riso, succo d’arancia: le borse merci fissano i prezzi e fanno trading attraverso futures sui quali poi si sono sviluppati titoli più sofisticati come certificates o Etc, accessibili ai piccoli risparmiatori. Manca il vino, uno degli asset più importanti del Made in Italy. “Si spiega con il fatto che si tratta di un segmento particolare, agricolo ma con una componente di valore aggiunto che la rende contemporaneamente anche lusso”, spiega Miserendino. Altro problema: “Riuscire a creare strumenti che possano collegare insieme realtà internazionali, per creare una base significativa per l’emissione e il trading”.

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