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La Repubblica Affari&finanza

Tavernello, boom all’estero, il brik di marca tira il mercato ... Caviro cresce in Usa, Giappone e Gran Bretagna sull’onda dei nuovi trend... Calano i consumi, i supermercati si svuotano, e lo scandalo del vino adulterato ha inferto un doppio colpo all’Italia, secondo produttore al mondo dopo la Francia. Ma la Caviro, del tutto in controtendenza, cresce quasi il doppio del mercato, con un incremento del 10% a valore delle vendite nella grande distribuzione organizzata. Quattro marchi per quattro fasce crescenti di mercato, fino al top: Tavernello, Castellino, Botte Buona e Brumale. Insieme alle vendite nei ristoranti, enoteche e alberghi ha raggiunto un giro d’affari di 282 milioni. La cooperativa romagnola insieme a Giv e Cavit, altri due gruppi cooperativi, guida il mercato italiano, e sono proprio le cooperative che hanno fatto registrare risultati migliori di tutti gli altri produttori, secondo l’ultimo report di Mediobanca sul settore vitivinicolo.
Un successo che si spiega in poche parole: “Si sta affermando un nuovo modello di consumo, l’attenzione alla “battuta di cassa”, l’acquisto centellinato di volta in volta ma senza trascurare la sicurezza e qualità dell’acquisto”, afferma Sergio Dagnino, direttore generale di Caviro, numero uno nella produzione e vendita divini in brik. Spiega Dagnino: “Prima si guardava alla convenienza del prezzo per litro di vino, dunque si tendeva ad acquistare
grandi volumi insieme per risparmiare,
oggi si tende a ridurre la singola voce di
spesa: le rilevazioni
di mercato segnalano un crollo delle vendite delle confezioni da 1,5 litri. Un’analisi che riguarda la grande distribuzione, non le enoteche”.
Gli esperti la chiamano “polverizzazione dei consumi”. Meno si spende meglio è. Ma, senza trascurare la qualità. In particolare con il vino, soprattutto dopo l’ultimo scandalo dei vini “lego”, fatti con un mix di ingredienti che con le vigne e l’uva hanno ben poco da spartire, la gente si è messa a caccia
di brand, marchi sicuri per i consumi di tutti i giorni.
Così, a fronte di un vino in bottiglia sotto i 3 euro ma dall’etichetta poco nota, gli italiani e anche gli inglesi, i tedeschi e i francesi, preferiscono per il daily, l’uso quotidiano, un vino brik di cui si fidano. Il risultato: il
31,8% del vino venduto nella grande distribuzione organizzata è in brik,
Il brik è un contenitore non certo bello, ma con un’anima hi-tech. Ed è riuscito ad approdare nelle recensioni di Bibenda, il mensile patinato creato da Franco Maria Ricci, l’ideatore dell’Oscar del vino. Tra etichette prestigiose, il Castellino, brand di seconda fascia della Caviro, ha preso 75 punti, il benchmark di riferimento per i degustatori, il corrispettivo di 1 “bicchiere” del Gambero Rosso, il sistema di valutazione che arriva a 3 con i vini dell’eccellenza. Costa 1,50 euro a litro, e Bibenda ricorda che il Castellino Rosso, contiene una percentuale di Sangiovese romagnolo affinato in barrique, le piccole botti francesi di cui parla sempre per i vini dell’eccellenza.
Trecentocinquanta barrique e quattro robot antropomorfi più dieci linee di imbottigliamento: innovazione e tradizione convivono nei due stabilimenti di Faenza e Forlì, quartier generale della cooperativa, che produce 200 milioni di litri all’anno, che per il 16% prendono la via dell’estero, Stati Uniti e Giappone in testa, (“Paesi dove il gruppo è il primo esportatore mondiale”, dicono in Caviro), poi Francia, Germania e Gran Bretagna. Per le catene inglesi, tra le più selettive ed esigenti, come la Tesco, Marks & Spencer, produce addirittura vini in “private label”, l’etichetta di insegna.
Un gigante che si estende per 45 mila ettari, dalla Sicilia al Piemonte:
grazie a 22.000 piccoli produttori che hanno messo insieme le idee e le vigne per creare un network capace di ridurre i costi di produzione e aumentare la qualità, grazie al controllo totale della filiera che vede il 95% delle uve provenire dai soci, un trend in crescita che punta verso l’approvvigionamento completo interno.
La struttura cooperativa penalizza la redditività, e secondo Mediobanca, più bassa in questa tipologia di imprese rispetto alle altre società. Ma è pur sempre in crescita. Il rendimento del capitale, sempre secondo Mediobanca, è cresciuto nel settore del 7,4%, dopo essere rimasto invariato al 6,7% nei due esercizi precedenti. E l’incremento è trainato proprio dai big, che si contano sulle dita di una mano. Su 90 aziende prese in considerazione, solo 18 superano i 50 milioni di fatturato e solo 5 hanno una quota almeno superiore al doppio. Di queste solo una, Antinori, ha struttura proprietaria, e un’altra, la Giordano, ha un capitale misto con la presenza di un fondo di private equity.
Insomma, a tirare la volata degli utili, delle vendite e dell’export registrata da Mediobanca nell’ultimo anno sono state proprio le tre cooperative. Aziende con il più alto valore aggiunto che rappresenta il 25,7% del fatturato, contro l’11,7% delle realtà minori e con capitalizzazione più bassa. E che possono contare oltre che su una diversificazione geografica elevata, altro fattore chiave, soprattutto su una rete commerciale capillare. La leva strategica per conquistare quote di mercato, soprattutto all’estero. Dove Caviro sta prendendo quota, con tassi di crescita all’anno del 40%.

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