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La Repubblica / Affari&finanza

Il ritorno degli orti urbani ortaggi e verdura sfrattano i fiori da vasi e giardini ... Descrivere i recenti comportamenti orientati al risparmio soltanto all’insegna di una necessità che aguzza l’ingegno è davvero riduttivo. Perché una siffatta analisi finisce per oscurare un processo di cambiamento di ben più vasta portata. Conseguente ai nuovi scenari, economici e ambientali: dal declino delle aspettative crescenti - uno dei teoremi più consolidati negli ultimi decenni - alla perdita del potere d’acquisto e all’oggettivo impoverimento degli italiani, ma anche le inquietanti emergenze, ormai di dominio pubblico, del riscaldamento dell’atmosfera e dei limiti delle risorse del pianeta. Realtà che creano, nei comportamenti di acquisto, mutamenti incisivi che sono destinati a suscitare nuovi modelli di consumo negli italiani.
Ancora una volta è il settore alimentare a riflettere con maggiore trasparenza il cambiamento. Consideriamo il fenomeno degli orti urbani: una realtà che ha avuto un rapido sviluppo nell’ultimo paio di anni sino a coinvolgere il 40% circa degli italiani. Orti che nascono davvero come funghi nei giardini di casa, sui terrazzi, in appezzamenti di terreno vicini all’abitazione. Debbo confessare che è un fenomeno che avevo sempre ignorato e quando sono stato invitato a presentare a Bologna Fiere la bella mostra di Cibic, sulla Città degli Orti, sono stato preso da un iniziale sconforto. Perché per me, e immagino per molti lettori, gli orti urbani erano quelli che si vedono in prossimità delle stazioni, lungo i binari della ferrovia: tristi, in squallide locazioni, costruiti con materiale di recupero, francamente brutti, popolati e gestiti da pensionati indigenti.
La realtà che Cibic ha invece intuito con la sua mostra era di tutt’altro genere: la nascita di nuove enclave nelle città o nelle immediate prossimità, dove vivere più da vicino le stagioni e i loro frutti, una sorta di riproposizione in chiave postmoderna dell’archetipo della capanna con il verde intorno. Soprattutto uno spazio dove imparare a crescere i prodotti della terra e dove il tempo è scandito dai ritmi della natura.
La realtà che si è tanto rapidamente sviluppata in Italia non presenta tratti così idilliaci ma comunque condivide alcune analogie con l’affresco appena descritto. I consumatori hanno cominciato a coltivare ogni spazio possibile nei dintorni delle abitazioni essenzialmente per far fronte a quella ristrettezza che, per la prima volta dopo decenni, ha penalizzato anche il comparto alimentare. Per chi ha i capelli bianchi è forse ancora presente, nella memoria, l’epopea dell’orticello di guerra di conio mussoliniano. E’ successo così che terreni incolti divenissero una risorsa non marginale per l’ortofrutta, che ai fiori si affiancassero o si sostituissero gli ortaggi, che anche i terrazzi venissero riciclati a questo compito. Salvo scoprire poi anche la funzione decorativa della nuova funzione. L’orto faida te consente (fonte Coldiretti) risparmi sino a 300 euro e alle tradizionali piante aromatiche si sono affiancate zucchine, cetrioli, pomodori, insalata e fragole. Nei giardini dei condomini vengono messe a dimora piante da frutto. Un’utenza fortemente intergenerazionale anche se più presente nella terza età (ma, secondo i dati Istat, alimentata anche da giovani: uno su quattro nella fascia 25/34 anni).
Alla motivazione iniziale del risparmio ne sono subentrate/aggiunte ben presto altre che lasciano presumere una persistenza del fenomeno ben oltre la congiuntura che l’ha indotto. La disponibilità di prodotti sani e freschi, l’emozione di veder crescere i propri alimenti, la riscoperta della oblatività della terra, l’interesse nuovo per l’agricoltura, il succedersi delle stagioni nella semina e nel raccolto sono side benefit che vanno divenendo più importanti di quello primario che ha generato il fenomeno. A testimonianza della sua attualità si consideri che nelle grandi megalopoli, da Tokyo a New York a Londra, la realtà degli orti cittadini va divenendo una pratica di massa e non è più soltanto una issue cara agli ecologisti. Sono in molti ad attendersi negli Usa, una nota di colore ma corrisponde al vero, che uno dei contendenti alla Presidenza esprima per primo, in una strategia di consenso, l’intenzione di convertire ad orto parte del verde della Casa Bianca.

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