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La Repubblica / Affari&finanza

Ramazzotti: dalla Milano da bere alla conquista dell’Est ... Spirits. Nel settore degli alcolici molti prodotti italiani stanno trovando strategie di rilancio in grande stile sui mercati internazionali sotto la guida dei gruppi multinazionali... “La nuova linea di imbottigliamento, costata 7 milioni di euro, è una delle più moderne in Europa, può produrre 22.000 bottiglie all’ora, il mio sogno è arrivare a farla girare notte e giorno”, Noel Adrian, presidente e amministratore delegato di Pernod Italia, ha appena tenuto a battesimo il nuovo impianto della Ramazzotti, che è al primo posto tra gli amari italiani per esportazioni: 18 milioni di bottiglie che ora la multinazionale francese proprietaria del marchio punta a raddoppiare nei prossimi dieci anni. La tecnologia è solo il primo passo. Da Canelli, in provincia di Cuneo, dove ha sede, la Pernod Italia punta a sferrare l’attacco al mercato con strategie di marketing mirate. “Quello degli amari è un mercato molto difficile, si vende solo in alcuni paesi, in prima fila la Germania, grande consumatore di amari, un paese dove il Ramazzotti è il più importato, allo stesso livello di vendita del tedesco Jägermeister”, racconta Adrian. E spiega: “I tedeschi non bevono l’amaro solo dopo pasto, come digestivo, ma anche come aperitivo, oppure alla base di cocktail sfiziosi. Una tendenza che si sta diffondendo anche in altri paesi, a partire dalla stessa Italia”. Allungato con il Ginger Ale, a base di zenzero, ingentilito da aggiunte di succhi di frutta esotici: con un po’ di fantasia l’amaro rinasce sotto nuove forme, e comincia a piacere anche alle donne, un target dal promettente sviluppo.

La marcia di conquista della Ramazzotti riparte da Milano. La Milano da bere che negli anni Ottanta si identificava proprio con la Ramazzotti, un messaggio che il management della Pernod Ricard Italia vuole far rivivere in vista dell’Expo del 2015, lo stesso anno in cui Ramazzotti compirà 200 anni di vita. “L’identificazione geografica, l’esaltazione della Milano operosa, che poteva essere limitativa, in realtà si è rivelata vincente, era stata calcolata bene dal managament e ora diventa una leva strategica: Milano è la capitale degli aperitivi e dell’happy hour, e la Lombardia dicono le rilevazioni, è la regione dove si vendono più aperitivi: un’identificazione perfetta per veicolare il messaggio di un nuovo stile di consumo”, commenta Patrizio Pazzaglia, direttore finanza di Banca Insinger de Beaufort.

Certo, il momento non è dei più felici. Per il 2008 le previsioni per gli operatori del settore sono di un’ulteriore contrazione dei consumi: ad influire negativamente sul settore in esame sono anche le recenti restrizioni legislative e le relative campagne mediatiche contro l’alcool, segnala una ricerca di markets.info, fonte Databank. Ma non tutti soffriranno: la ricerca stima che in futuro le performance migliori saranno quelle dei "white spirits", come la vodka. Si tratta di prodotti particolarmente amati dal target giovanile grazie alla loro versatilità. In più, il fatto che si prestino molto bene alla realizzazione di cocktail, favorisce la socializzazione e sono molto apprezzati durante le feste, nei momenti conviviali. Anche gli analisti di Citi e di Merrill Lynch vedono rosa per questa tipologia di prodotti. Tutto il contrario di quanto avviene ai “brown spirits”, come il cognac e il whisky, in continuo calo, legato alla mancanza di innovazione, al fatto che sono molto tradizionali e con una immagine definita. Inoltre si tratta di prodotti meno mixabili, più da meditazione, e che quindi poco interessano ai giovani. In contrazione sono anche i digestivi. Ma l’amaro non è solo un digestivo, insegnano i tedeschi. E non è un caso che la Ramazzotti, come anche l’Amaretto di Saronno, stiano facendo leva sulla versatilità del loro prodotto. “A differenza delle grappe, dove il rilancio è avvenuto con un lavoro di ammorbidimento, invecchiamento, il prodotto amaro resta sempre lo stesso, l’innovazione in questo caso è nel messaggio, nel nuovo lifestyle. Un messaggio che rinforza il Ramazzotti anche all’estero, dove un marchio Made in Italy si porta dietro tutta la carica attrattiva dell’italian style”, spiega Patrizio Pazzaglia.

Duecentotrenta milioni di euro il giro d’affari d Pernod Italia, 50 le vendite all’estero, compresa la Sambuca Ramazzotti, un prodotto di nicchia ma di moda in Canada e Grecia. La quota dell’export è destinata a crescere. Nella sua nuova veste Ramazzotti si accinge alla conquista di nuovi mercati, dove l’amaro non vende, ma i cocktail e gli aperitivi sì. La strategia, testata in Germania, ha funzionato e si prevede un fortissimo aumento di vendite da qui a fine anno. “Ora puntiamo alla Scandinavia ma anche agli Usa e alla Russia. E l’acquisizione di Absolut Vodka da parte della capogruppo diventa una grande opportunità per aprirci un varco, per far conoscere questo marchio”. La Pernod Ricard, dall’85 proprietaria della Ramazzotti, ha acquisito il gruppo scandinavo Vin & Spirit, controllato dal governo di Stoccolma, proprietario di Absolut Vodka, uno dei marchi più alla moda tra i giovani. Un’operazione da poco meno di 10 miliardi di dollari, la più grande privatizzazione dell’anno secondo gli analisti, che ha scatenato la guerra tra i pochi big rimasti ormai a presidiare il mercato, che si contendono le ultime prede disponibili, in una corsa frenetica a diventare sempre più grandi. E’ di questi giorni, per esempio, la notizia che Diageo potrebbe essere in trattative con United Spirit, cosa che ha fatto scattare subito il “buy” di Citi sulle azioni di entrambi i gruppi. I rating e le azioni di Pernod Ricard sono risalite in fretta a fine ottobre, appena uscita la trimestrale che segna un 13% di incremento delle vendite nel primo trimestre del nuovo anno fiscale. Un evento storico: in quell’occasione Patrick Ricard, discendente della dinastia Ricard, fondatori dell’omonimo marchio, ha ceduto il timone a un manager esterno. E’ dal ’75 alla guida del gruppo, quando la casa di produzione del pastis fondata dal padre si è fusa con la Pernod, Da piccola azienda l’ha trasformata in un colosso da circa 7 miliardi di euro, fino a colmare, con l’acquisizione di Vin&Spirit, il gap con il gigante Diageo, numero uno al mondo, che ora segue a ruota. PaulCharles, suo unico figlio è già in azienda. Qualcuno ha già ipotizzato che ci sia in vista un nuovo socio esterno. Ma alla Pernod dicono che la tradizione della maison vuole che i familiari conquistino sul campo l’ascesa al timone. E per ora PaulCharles si fa le ossa nella divisione finanza.

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