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La Repubblica / Affari&finanza

Se nel bicchiere trionfa la qualità ... Sulle tavole arrivano le grandi annate del 2004 (Barolo) e del 2006 (Barbera) ma non c’è ancora nessuna certezza sulla vendemmia 2008, definita “buona, forse ottima con qualche punta di eccellenza”. Una primavera piovosa e fredda ha infatti complicato le cose... Da tempo non sono i numeri a definire la qualità di un’annata vinicola. Il Piemonte ha abbandonato definitivamente la strada della quantità, della massima resa, dei 200 ettolitri per ettaro. Le vigne della regione sono ormai intorno ai 70 ettolitri e si avviano a diminuire ancora. Contemporaneamente sale la cura con cui le uve vengono vendemmiate e lavorate. Siamo quasi alla scissione dell’acino e la stessa vendemmia diventa in realtà la scelta del grappolo migliore. Tutto questo spiega perché nei 24 anni trascorsi dal 1984 a oggi la produzione annua di vino piemontese è scesa di un milione di ettolitri passando da 3,4 a 2,4. E perché con un milione di ettolitri in meno l’annata 2008 è stata definita “buona, forse ottima con qualche punta di eccellenza”.
Nel settore vinicolo gli aggettivi non vengono utilizzati a caso. Sono veri e propri voti che ogni anno gli esperti attribuiscono alla vendemmia e che fanno testo negli anni successivi mano a mano che il vino esce dalle botti e diventa prodotto commerciale più o meno pregiato. Scegliere con cura i grappoli e i processi di vinificazione significa puntare esclusivamente sull’eccellenza.
Dei 2,4 milioni di ettolitri prodotti quest’anno, ben 2,1 sono vini doc o docg che è come dire che solo una bottiglia su dieci non contiene vino di qualità. In Piemonte i doc sono 40 e i docg sono diventati 12 con l’ingresso quest’anno di tre nuovi vini: il Dolcetto di Ovada, la Barbera d’Asti e la Barbera del Monferrato superiore.
Per sapere se l’annata 2008 sarà buona o ottima è necessario attendere ancora. “Certo - spiega Mino Taricco, assessore regionale all’agricoltura - chi è riuscito a produrre ottimo vino quest’anno ha dimostrato la sua bravura. Viste le premesse metereologiche, non era scontato”. La primavera 2008 infatti è stata una stagione piovosa e relativamente fredda per le vigne piemontesi. Solo dopo l’estate le condizioni climatiche sono tornate favorevoli. I vini precoci, quelli che si vendemmiano a fine settembre-inizio ottobre, sono stati quelli che hanno subito maggiormente gli effetti dell’incerta partenza primaverile: “È proprio su quei vini - spiega l’assessore - che si misurerà la differenza tra i produttori buoni e quelli ottimi”. Una gara di abilità che in annate più tranquille dal punto di vista meteorologico non si potrebbe svolgere.
In attesa di conoscerne gli esiti, il Piemonte si gode i successi delle annate precedenti che giungono ora sulle tavole di tutto il mondo. È il caso della grande annata 2004 del Barolo e delle Barbere del 2006. Quest’anno oltre un terzo dei 185 vini italiani giudicati eccellenti dalla Guida dell’Espresso vengono dalla regione. Il direttore della Guida, Enzo Vizzari, spiega che “c’è un gruppo di produttori piemontesi che stabilmente ottiene per i suoi prodotti votazioni superiori ai 17 ventesimi. Il problema è che l’alta qualità costante dei loro vini non fa più notizia”.
La scommessa sulla qualità sta pagando anche dal punto di vista economico. Nel 2008 i vini piemontesi sono tornati ad essere tra i più esportati del mondo e segnali incoraggianti vengono in queste settimane dal settore degli spumanti, tradizionalmente in alta stagione. Il consorzio dell’Asti produce annualmente 80 milioni di bottiglie ma ne vende circa la metà nel solo mese di dicembre in occasione delle feste di fine anno. Già due settimane fa la soglia psicologica dei 40 milioni era stata superata.
Ciò che fa ritenere possibile un’annata ottima.
Non è detto che nei prossimi mesi la crisi economica finisca per penalizzare pesantemente il settore. Certo il top della gamma potrà veder diminuire le vendite ma gli scaffali delle enoteche non resteranno certo deserti. La bottiglia di vino potrà anzi rivelarsi un’alternativa economica e raffinata ad altri regali più costosi. Oggi l’industria enologica occupa in Piemonte 20 mila addetti che coltivano circa 50 mila ettari, due terzi dei 75 mila ettari utilizzati all’inizio degli anni ‘80. Il Monferrato è la zona che produce di più, seguita dalla Langa. Infatti la provincia con il maggior numero di ettolitri prodotti è quella di Asti. Cuneo e Alessandria sono rispettivamente al secondo e al terzo posto.
Chi invece teme gli effetti della crisi è Franco Martinetti, torinese, produttore di un eccellente Gavi 2007: “Direi che in questo periodo non c’è entusiasmo sul mercato. Il vino non è più considerato un alimento ma un bene voluttuario, uno sfizio che ci si può permettere quando la situazione è normale ma che rischia di essere sacrificato quando la crisi comincia a mordere”. Secondo Martinetti le prime avvisaglie delle vacche magre si vedono già: “Pur di vendere, i produttori iniziano ad accettare tempi di pagamento di otto, nove mesi”. La speranza è che dall’inizio del 2009 il vino riesca a intercettare quel pubblico che fino a ieri sceglieva prodotti più costosi per un dono o il semplice pensiero di una serata tra amici. C’è tutta un’industria, non solo in Piemonte, che attende sviluppi con il fiato sospeso.

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