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La Repubblica / Salute

Alcolismo ... Non vizio ma patologia, il percorso è “Rehab”... Metà cliniche, metà comunità di recupero spesso utilizzate dalle star di Hollywood e poi rese famose dalla canzone di Amy Winehouse. Ora un convegno fa chiarezza sulla situazione in Italia: “Successo intorno al 90% dei casi”... Sotto il nome di “riabilitazione alcologica in regime di residenzialità breve” si descrive una modalità di trattamento ancora poco conosciuta e studiata in Italia, nonostante una storia trentennale cominciata presso l’Ospedale civile di Udine, una buona diffusione soprattutto nel Nord, un’utenza di circa duemila persone l’anno e uno standard di successo (percorsi ultimati) del 90% circa. In altri Paesi europei e negli Stati Uniti, invece, i ricoveri di star dello spettacolo hanno reso le “Rehab” assai popolari, come sancito dal successo dell’omonima canzone di Amy Winehouse. I maggiori centri italiani - associati da circa un anno nel Corral (Coordinamento delle riabilitazioni residenziali alcologiche) - hanno tenuto nei giorni scorsi un convegno presso la casa di cura Villa Silvia di Senigallia. L’obiettivo: riconoscere a pieno titolo queste strutture tra le opportunità terapeutiche disponibili per il problema-alcol, che coinvolge circa un quarto degli italiani, di un’età media sempre minore, nove milioni dei quali a rischio. “Creatività nella cura e riabilitazione” il titolo della due giorni; il che significa approccio multidisciplinare e personalizzato, non meramente organicistico né tanto meno farmacologico. I farmaci sono utilizzati in un terzo circa dei centri, contro l’astinenza: esistono, infatti, alcune sostanze di supporto ma non una terapia farmacologica per l’alcolismo. La residenzialità si caratterizza, in un ambiente alcol-free, per un lavoro intensivo nel quale, dopo un’adeguato “assessment” (presa in carico), alcologi, psichiatri, psicoterapeuti, internisti e neurologi realizzano un percorso terapeutico-riabilitativo, informativo-educativo ed espressivo, teso a rafforzare motivazione e coinvolgimento di pazienti e famiglie. Non a caso, i servizi si limitano in genere dai 10 ai 20 posti letto, a non più di 200 ospiti annui, per una residenzialità dalle 3-4 settimane a poco più del doppio. In tre casi su quattro la relazione terapeutica prosegue anche dopo le dimissioni, con uno specifico programma “aftercare” da realizzare con la collaborazione di servizi territoriali, gruppi di auto-mutuo aiuto (Alcolisti anonimi, Cat), medico di base o specialista. Un intervento di rete nel quale l’efficacia del recupero è strettamente legata alla precocità della diagnosi e a una più precisa definizione dell’alcolismo come patologia e non come semplice “vizio”. Purtroppo, invece, le situazìoni di abuso e dipendenza trattate nelle residenzialità hanno in sei casi su dieci una durata superiore ai 10 anni, benché in quasi un quarto dei pazienti siano associate ad altri comportamenti patologici.


I dati.
Ogni anno in italia 40mila morti.

I dati Istat indicano che il primo bicchiere viene consumato in Italia a 11-12 anni (14,5 la media europea). Quarantamila morti all’anno legate all’alcol: cirrosi, tumori, incidenti, suicidi.

Giovanni Vittadini

Fondazione Maugeri, Pavia, presidente Corral.

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