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La Repubblica

E tra i vigneti del Gattopardo la Sicilia si riscopre da primato - Dopo la svolta delle nuove generazioni sono arrivati anche gli imprenditori del Nord. Fino agli anni Ottanta la produzione seguiva strade abituali: tanta uva e vino da taglio. Fra tanti mali vecchi e nuovi c´è un record di cui la regione va fiera: oggi è la prima produttrice in Italia di vino. Una rivoluzione che in soli vent´anni ha cambiato le sorti della viticoltura locale. All´insegna della qualità ... Nella trama romanzesca del Gattopardo, il celebre affresco di Tomasi di Lampedusa sulla Sicilia dell´Ottocento, Donnafugata è la residenza estiva della nobile famiglia Salina, dove il giovane e avvenente Tancredi conosce la bella Angelica che con la sua grazia e la sua dote lo convince a sposarla. Nella realtà siciliana di oggi, invece, è il marchio di un´impresa famigliare, un´azienda agricola che produce vini di eccellenza in un territorio degradato come la Valle del Belice, cercando di conciliare le ragioni dell´economia con il rispetto dell´ambiente e della cultura. E in questa terra benedetta da Dio e infestata dalla mafia, Donnafugata può essere anche l´emblema di un´imprenditoria moderna e al tempo stesso fedele alle proprie radici, ai confini estremi di un Mezzogiorno che rivendica il diritto di appartenere a pieno titolo all´Italia di Qualità.
Fra tanti mali vecchi e nuovi, c´è un record di cui la patria del Gattopardo giustamente va fiera. Con i suoi 128 mila ettari coltivati a vigneto, 9 milioni e 270 mila quintali di uva raccolti nel 2003 e quasi 7 milioni di ettolitri previsti per il 2004, con un aumento del 5 per cento sull´anno scorso, la Sicilia è la prima regione italiana nella produzione di vino. Le aziende imbottigliatrici sono più di 180, di cui 30 cantine sociali. E secondo i dati forniti dall´Istituto regionale della Vite e del Vino, si esportano 630 mila ettolitri all´anno per un valore complessivo di oltre 78 milioni di euro. Anche questo è "made in Italy" e, anzi, punta a diventare sempre più "made in Quality".
Quella di Donnafugata è una storia in qualche modo esemplare di un Sud che vuole evolvere e progredire, per competere sul mercato globale. Fondata nel 1851 a Marsala dalla famiglia Rallo, l´azienda è arrivata ora alla quinta generazione: Giacomo, il capofamiglia, con la moglie Gabriella, il figlio Antonio e la figlia Josè, che si dividono i compiti e le responsabilità. Fino a una ventina di anni fa, come in gran parte della Sicilia, la produzione seguiva i metodi e le strade abituali: tanta uva e tanto vino da taglio, con una piccola quantità imbottigliata in loco. Poi, a metà degli anni Ottanta, la rivoluzione all´insegna della qualità.
In realtà fu un ritorno alle origini. All´epoca dei Borboni, non potendo acquistare i terreni di proprietà regia, erano stati per primi gli inglesi a fissare parametri di qualità nei contratti di somministrazione con i viticoltori. A loro si deve, dunque, l´eredità di una filosofia imprenditoriale e di una sensibilità commerciale fondate proprio sull´identità del territorio. E così nei 260 ettari coltivati, di cui 140 aziendali, i Rallo decisero di dedicarsi alla ricerca della "qualità estrema" con la cura dei particolari e la differenziazione dei prodotti.
Nelle vigne di Contessa Entellina, dai 200 ai 600 metri sul livello del mare, ai primi di agosto si vendemmia perciò anche di notte. Prima l´uva Chardonnay veniva raffreddata fino a 10 gradi, per conservare intatta la sua qualità aromatica; adesso viene raccolta a mano, sotto la luce dei fari montati sui trattori, con un apprezzabile risparmio di energia elettrica e anche con una certa soddisfazione degli operai, età media sui trent´anni, che preferiscono lavorare con il fresco e guadagnare un po´ di più. Per la produzione di energia pulita, nella sede storica di Marsala è stato installato poi un impianto fotovoltaico che fornisce il 30 per cento del fabbisogno aziendale.
A Pantelleria, l´isola vulcanica a sud-ovest della Sicilia, i Rallo hanno reimpiantato un vigneto di 40-50 anni per coltivare lo zibibbo, l´uva da cui si ricavano vini dolci come il moscato e il passito. E sui terrazzamenti affacciati sul mare, è stata recuperata un´altra vigna di sette ettari, chiamata "Khamma", di origine araba, vecchia addirittura di un secolo. Qui, con il clima dominato dal sole e dal vento, produrre vino diventa una sfida quotidiana alla natura, ma è anche un modo per contribuire alla salvaguardia del paesaggio e dell´ecosistema.
Ora, nei vigneti del Gattopardo, Donnafugata confeziona 2 milioni di bottiglie all´anno, con un fatturato di circa 14 milioni di euro; ne esporta il 20 per cento ed è presente in 45 Paesi: dagli Stati Uniti alla Russia e al Giappone, mentre nei giorni scorsi è partito il primo container per la Cina. «La Sicilia ? dice con una punta di orgoglio Josè Rallo, laureata in Economia a Pisa, responsabile del controllo di gestione e del marketing, cantante per hobby di musica brasiliana ? oggi è un posto dove la gente sa che finalmente è ora di cambiare».
L´esempio, fortunatamente, non è rimasto isolato. Alla "scoperta antropologica" del territorio, la strada dell´alta qualità è stata seguita da molte altre imprese siciliane, come la casa vinicola Firriato di Salvatore e Vinzia Di Gaetano che con il suo Nero d´Avola ha appena vinto il titolo di "Miglior Cantina dell´anno", assegnato da una commissione di esperti della rivista specializzata "Il mio vino". Con sede a Paceco, vicino a Trapani, è un´azienda di prima generazione, originariamente agricola. «Questa terra ? dice la signora Vinzia con la fierezza delle belle donne siciliane ? è stata a lungo depredata, ma ormai ha capito di avere tante risorse da sfruttare».
La svolta avvenne nel ´94, quando marito e moglie impostarono la loro filosofia produttiva e commerciale sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni, sull´utilizzazione di vitigni internazionali esaltati dal clima locale, su una strategia di marketing mirata e su una politica di prezzi contenuti. Contemporaneamente, ai tecnici locali fu affiancato uno staff di enologi di scuola australiana che s´erano innamorati della zona. Così, negli ultimi cinque anni, la produzione della Firriato è aumentata di 10 volte, superando i 4 milioni di bottiglie distribuite in tutto il mondo.
Ma il sole e la terra della Sicilia hanno richiamato dal Continente anche diverse aziende settentrionali. Ad aprire la strada dal Veneto è stato Gianni Zonin, uno dei più grossi nomi nazionali del settore, acquistando 320 ettari di cui 160 coltivati a vigneto: l´antico feudo dei principi di Butera, in provincia di Caltanisetta. Qui, oltre all´olio, si confezionano un milione di bottiglie l´anno, per un fatturato di circa 5 milioni di euro. E´ un venticinquesimo dell´intera produzione aziendale, ma Zonin e la sua famiglia si sono particolarmente affezionati all´isola, tanto da trascorrervi anche una parte delle loro vacanze: «La Sicilia è una terra affascinante. Qui tutti ci vogliono bene e noi ci sentiamo a casa nostra».
Nel ´97, era sbarcato nell´isola un altro big dell´imprenditoria veneta, Paolo Marzotto, già impegnato in questo campo con la "Santa Margherita". Prima, ha acquistato una cinquantina di ettari dal barone Antonio Ramione a Piana degli Albanesi, vicino Palermo; poi, una settantina intorno a Noto. In totale, fra vini rossi e bianchi, se ne ricavano 140 mila bottiglie all´anno. E la mafia, come si comporta con i forestieri la criminalità locale? «Mai avuto problemi ? risponde Marzotto ? nessun disturbo, di nessun genere». E aggiunge con realismo: «Il che non vuole dire, naturalmente, che il problema non esista».
Ora dal Piemonte, ha deciso di tornare nell´isola la quinta generazione dei Gancia, un´antica dinastia che qui produceva vini già all´epoca dello Sbarco dei Mille. E dal Trentino Alto Adige, il gruppo Mezzacorona ha investito circa 70 milioni di euro per acquisire il Feudo Arancio (282 ettari a Sambuca, provincia di Agrigento) e più recentemente una vasta proprietà di 630 ettari tra Acate e Vittoria, in provincia di Ragusa. Dalla Sicilia al Veneto e al Piemonte; dal profondo Sud al Nord-Ovest industriale e al ricco Nord-Est; da un capo all´altro della penisola, insomma, l´unità d´Italia si difende e si alimenta anche con il buon vino.

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