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La Repubblica

Ma la vendemmia perfetta è un sogno impossibile … Quanto è ricca nella letteratura e nell´arte l´iconografia legata al vino e alla vendemmia, tanto è oggi freddamente tecnologico l´approccio a ogni fase del "ciclo produttivo" del vino. Fa effetto tornare con la mente alle immagini dei Baccanali di Tiziano, al Sileno di Annibale Contucci, all´Età dell´Argento di Pietro da Cortona nel quale Bacco spreme con le mani grappoli d´uva per una lieta e formosa Cerere … e poi leggere Attilio Scienza, massimo scienziato italiano della vite, che dice: «Entrare in vigneto muniti di un microchip molecolare, per verificare se è il momento di vendemmiare, non è fantascienza ma è il futuro prossimo».

Insomma, poesia niente; ma tanto tanto impegno di cervello, di cultura magari empirica ma consolidata da decenni d´esperienza, di lavoro manuale, e via via di affinamento delle tecnologie e del loro impiego. Perché ogni vitigno, ogni terreno, ogni regione, ogni collina, ogni vigneto e ogni cru hanno peculiarità proprie. Un vitivinicoltore piemontese d´antico pelo e di primaria grandezza ama ripetere che l´imprenditore agricolo «ha un partner, il tempo, a fianco degli altri tre fattori - capitale, terra, lavoro - che fa come gli pare, che eleva all´ennesima potenza il fattore-rischio, poiché dalle condizioni climatiche deriva il risultato finale per quanto concerne sia la quantità sia la qualità». Che è come dire che, al di là delle previsioni trionfalistiche che a ogni inizio agosto i produttori lanciano, non ha alcun senso fare pronostici sulla qualità della vendemmia sino a quando la vendemmia non è conclusa, essendo oltretutto decisivo per la riuscita ottimale l´andamento climatico addirittura delle ore e non solo dei giorni scelti dal viticoltore.

Chiaro, allora, che la "vendemmia ideale" uguale per tutti non esiste. Dice per esempio Renzo Cotarella, deus ex machina dei vini di Antinori: «Per una vendemmia eccellente occorrono uve che maturano lentamente e che sfruttino soprattutto settembre con stagioni tendenzialmente secche. Bene qualche pioggia a agosto e ancora meglio a giugno e luglio quando gli acini ingrossano, ma per la maturazione e l´equilibrio delle diverse componenti dell´uva settembre è decisivo. In Toscana la vendemmia che mi ha dato più soddisfazione è stata quella del ‘97 in generale e il ‘99 e 2001 per il Chianti Classico. Per il Brunello la vendemmia più interessante degli ultimi tempi è stata certo la 2004 perché Montalcino ha goduto di un settembre lunghissimo. Le peggiori negli ultimi anni la 2002 e ancor più la 1992». Chiosa Jacopo Biondi Santi: «La nostra miglior vendemmia a Montalcino e in Maremma è stata la ‘97 per alcuni vini, per altri, come il Sassoalloro, il ‘98. La peggiore che io ricordi è quella del 1972, piovve sempre e quasi non raccogliemmo le uve». Dalla Sicilia commenta Alessio Planeta: «La migliore vendemmia è stata quella di quest´anno. Abbiamo finito la raccolta da pochi giorni, ma una vendemmia così non l´avevamo mai vista. Il 2005 è stato straordinario con un agosto e un settembre freschi che hanno permesso una maturazione lunga e equilibrata, uve decisamente mature e non passite. Le meno interessanti? La ‘98 e la ‘99, troppo calde».

Il "sogno" del saggio piemontese? «Un inverno ricco di nevicate come l´89-90, che assicurano l´umidità delle falde sino all´estate. Una primavera anticipata, con piogge abbondanti e temperature miti, senza gelate, e ventilazione durante la fioritura, come nel ‘97. Un´estate non caldissima, luminosa, con piogge moderate, come nel ‘96, e naturalmente, senza grandine. Un autunno asciutto e ventilato, con temperature notturne basse, come nel 2001». Qualcuno crede ancora alle favole e alla poesia della vendemmia?

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