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La Repubblica

Il Po già in secca, è allarme. “Per l’ agricoltura un’estate nera”... Il livello è diminuito ameno 6 metri. La crisi idrica fuori stagione minaccia i campi di mais e riso e gli allevamenti... È una gran bella Italia, quella annunciata in questi giorni da tanti canali tv. “Bel tempo previsto per il ponte del 25 aprile ... Su tutte le spiagge l’estate sembra già cominciata”. Ma questo aprile che sembra giugno ha un’altra faccia, ed è quella conosciuta bene da chi coltiva la terra: c’è poca acqua nei bacini, c’è poca acqua nei fiumi, ed i contadini si sentono come le famiglie che un tempo dovevano affrontare l’inverno con pochissimo frumento in granaio: con la paura di non arrivare al nuovo raccolto.
L’acqua, indispensabile all’agricoltura come il grano per il pane, già scarseggia. E i dati arrivano proprio nella “Giornata della terra”, l’Earth Day nato 27 anni fa negli Stati Uniti per promuovere la salvaguardia dell’ambiente e uno sviluppo sostenibile.
A spaventare - già in questo inizio di primavera, quando per secoli con lo scioglimento delle nevi in montagna arrivavano le prime piene - è soprattutto la crisi del Po. A Pontelagoscuro, nel ferrarese, il fiume è sceso di 80 centimetri in una sola settimana. Ieri mattina - secondo un monitoraggio della Coldiretti - il livello idrometrico era pari a meno 6,53 metri, mentre al ponte della Becca nella stessa settimana il livello era diminuito di 10 centimetri, arrivando a meno 3,11 metri. Molto pesante anche la situazione del lago di Garda, che a Peschiera è di 50 centimetri al disotto della media storica degli ultimi cinquant’anni. Per ora sembrano buone le condizioni di altri laghi: quello di Iseo è sulla media storica mentre quello di Como è a 30 centimetri sopra la media. Se non arriveranno piogge abbondanti e prolungate l’estate si annuncia dunque molto difficile. La Val Padana, attraversata dal grande fiume, è infatti “la fabbrica” di gran parte del cibo che arriverà poi sulle tavole.
“Dall’acqua del bacino - questa la stima della Coldiretti - dipende un terzo del valore del Made in Italy agroalimentare. La disponibilità idrica del primo fiume italiano è indispensabile per la sopravvivenza di interi settori come quello dello zucchero e del riso, per il quale l’Italia detiene la leadership europea”. Viene prodotta qui anche la metà del pomodoro destinato a conserva. Senz’acqua non si fa crescere il granoturco, e questo è indispensabile per alimentare i 4,1 milioni di mucche che producono il latte per il parmigiano reggiano, il grana padano e il provolone. Nel bacino del fiume vivono anche 5,2 milioni di maiali (salumi e prosciutti di Parma e San Daniele)”. Ma la crisi idrica non minaccia solo il nord. La metà dell’intero territorio italiano è coperto da coltivazioni che interessano una superficie di oltre 15 milioni di ettari oggi a rischio per i mutamenti climatici.
La superficie votata all’agricoltura è destinata soprattutto a cereali e riso (28,3%), foraggi e pascoli per alimentazione animali (27,2%), olivo (7,7%), frutta e agrumi (6,4%), vite (5,6%) e ortaggi e legumi freschi (3,3%) Percentuali che in futuro potrebbero variare con i mutamenti climatici e l’aggravarsi del rischio siccità. Gli effetti del surriscaldamento del pianeta sulle coltivazioni sono la migrazione a nord delle principali colture mediterranee come l’olivo e la vite. Si stanno sperimentando anche coltivazioni, come quella delle arachidi, importate da zone semi desertiche, I cambiamenti climatici in corso si manifestano anche - secondo la Coldiretti con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense, l’aumento dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti come le cavallette. La siccità si annuncia con anticipo, e anche le polemiche non si fanno attendere. Sembra che tutto ciò che è successo negli ultimi decenni - piene spaventose seguite da una siccità capace di spaccare gli aratri - sia stato dimenticato. Ancora una volta si chiede infatti “una cabina di regia per il Po” e una “autorità” che ancora non sono state decise.
Non sappia la riva destra ciò che accade sulla riva sinistra, sembra l’unica legge finora vigente. Regioni e Province da decenni discutono e propongono, come se il Po fosse nato ieri l’altro. Nei giorni scorsi una riunione è stata convocata dalla Provincia di Mantova. “Abbiamo fatto del Po - ha detto il presidente Maurizio Fontanili - un caso nazionale, ma dobbiamo rimarcare l’assenza di un’autorità precisa che si occupi del fiume, a cominciare dal fenomeno delle escavazioni abusive”. Davide Boni, assessore regionale lombardo e presidente dell’Aipo (agenzia interregionale per il fiume Po) ha detto che “per evitare l’attuale frammentazione di poteri sul bacino di 10 milioni di persone è necessario un unico soggetto che governi il grande fiume”. E naturalmente ha candidato la propria agenzia per “quell’autorità unica per il Po che tutti invocano”. Un’altra riunione è stata tenuta a Boretto, per discutere soprattutto - di irrigazione.
Erano presenti i responsabili dell’Anbi, l’associazione nazionale bonifiche e irrigazioni. Anche loro hanno chiesto “una cabina di regia” è un piano di costruzione di invasi per un costo di un miliardo di euro. La riunione si è svolta a bordo della nave Stradivari, in navigazione sul Po. Nel 2003, con la grande secca, anche questa nave fu bloccata dalla sabbia. E furono bloccate anche le navi da crociera inviate dal tour operator di mezza Europa, quando si pensava che il Po potesse fare concorrenza al Danubio.

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