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La Repubblica

L’apocalisse enogastronomica ... Gli anatomopatologi dicono che sono sempre più i casi di cadaveri riesumati e ritrovati in perfetto stato di conservazione. Mummificati dall’eccessiva quantità di conservanti che ingeriamo col cibo. E non è una battuta. La Direzione investigativa antimafia aggiunge: la camorra ha ampliato il giro dei propri affari investendo nella sofisticazione alimentare e lo dichiara nella sua relazione annuale al Parlamento. E i consumatori? Su internet hanno messo in piedi una fitta rete di forum per scambiarsi informazioni utili sui cibi da mangiare e quelli assolutamente da evitare. Il tutto mentre gli spacciatori di alimenti adulterati non si fermano e si permettono con tracotanza di dirsi candidamente al telefono: “La produzione merda al mercato nazionale, la merdaccia a quello greco”. Apocalisse enogastronomica. Scene di ordinario avvelenamento che ci portano a scoprire da un lato il nuovo e redditizio business criminale, dal l’altro una verità più amara: nell’industrializzazione della preparazione dei cibi troppo si sta sacrificando alla voce salute. Vitamine, minerali e acidi grassi spariscono nel ciclo produttivo e vengono sostituiti da grandi quantità di sale, zuccheri e grassi idrogenati. E solo una minima quantità degli additivi utilizzati serve a conservare gli alimenti, mentre la restante svolge una funzione aromatica ed estetica. Un indicatore: le grandi multinazionali dell’industria alimentare spendono ogni anno 20 miliardi di dollari per le ricerche su nuovi sapori e nuovi colori. Il tutto mentre il sistema illegale riesce a infiltrarsi nel ciclo distributivo ufficiale. I casi sono infiniti: dalle cozze al petrolio al grano contaminato, dalla mozzarella “gonfiata” alle uova marce che finiscono nelle impastatrici. Dai tempi del vino al metanolo a oggi la lista è un rosario di frodi. Truffe belle e buone che a volte vengono schedate come le eccentricità di quattro balordi che si sono architettati un incredibile stratagemma per far soldi. Ma si sbaglia. Il sistema (perché di sistema si tratta) va collocato all’interno di clan ben strutturati e culture mafiose che hanno individuato nella sofisticazione un settore in continuo sviluppo: si fanno denari a palate, si rischia meno che a trafficare in stupefacenti. La formula: si spaccia cibo di bassa qualità (nel migliore dei casi), costi dunque irrisori, e lo si rivende al prezzo di mercato.

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