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La Repubblica

Addio alle esagerazioni la cucina riscopre i sapori ... Nella kermesse internazionale spagnola di San Sebastian i maestri insistono su “prodotto e piatto”. Tramonta l’uso spericolato delle tecnologie, trionfa la cucina italiana. E la parola d’ordine è semplicità… Tanta Italia, la migliore Italia dei prodotti e dei cuochi sul palcoscenico del Kursaal di San Sebastian, teatro del più importante congresso mondiale di gastronomia praticata e discussa.
In un’edizione, la IX che grazie anche a una presenza marginale della Francia, rinsalda l’asse preferenziale che lega le avanguardie di Spagna e d’Italia, si percepisce netta, nelle relazioni e nel foyer, la pausa di costruttiva riflessione che sta toccando anche i più spericolati paladini della sperimentazione e dell’innovazione a ogni costo, con gli spagnoli in prima fila. Da un lato Ferran Adrià, nel suo intervento nella tavola rotonda il giorno d’apertura sul tema “Tecnologia e/o immaginazione”, dichiara che si è troppo parlato di back stage della cucina, di macchine e di tecnologie, e che bisogna tornare al prodotto e al piatto; dall’altro, il giovanissimo Josean Martinez Alija del Guggenheim di Bilbao, cuoco spagnolo dell’anno secondo Rafael Garcia Santos, principe della critica e inventore del Congresso, strappa applausi convinti con la sua cena e con la sua relazione, incentrate sulla semplicità assoluta dei piatti presentati, sulla ricerca dei prodotti, sulla nettezza dei sapori.
E la tecnologia, l’impiego degli attrezzi che semplificano il lavoro del cuoco ed esaltano le qualità delle materie prime? Certo che sono indispensabili, ma servono se sono funzionali all’esigenza di rendere il piatto “più buono” e, in subordine, ma interessa meno, “più bello”. Dopo anni di esaltazione delle astruserie e delle stravaganze fatte più per stupire che per piacere, la consapevolezza che l’innovazione fine a se stessa non è un valore e che al centro del piatto deve esserci “il gusto” è un passo avanti molto importante e non rappresenta affatto un ritorno al passato, semmai è un saggio riposizionamento che va incontro alle esigenze della gente normale e non più soltanto dei gourmet smaliziati e dei critici. Tant’è vero che fra gli interventi più applauditi ci sono stati quelli di Gennaro Esposito, della Torre del Saracino di Vico Equense, che ha affascinato la platea con le sue variazioni di pasta e pesci crudi e con il suo risotto al pomodoro, calamaretti e provola dolce, bandiere della mediterraneità; e di Enrico Bartolini, de Le Robinie di Montescano, nell’Oltrepò Pavese, “giovane dell’anno” secondo la Guida de L’espresso 2008, con il suo più che essenziale risotto con barbabietola e gorgonzola: piatti che sono esplosioni di sapori e di colori all’insegna di una spontaneità e di un’immediatezza che quasi fanno dimenticare la tecnica e la sensibilità di chi li realizza.
“La mia è cucina d’evocazione di sapori, vecchi e nuovi, che appartengono al nostro Dna, non è cucina di pura rappresentazione”, commenta Gennaro Esposito. Felice come Ilario Vinciguerra, giovane napoletano della Antica Trattoria di Monte Costone, a Galliate Lombardo, che ha vinto con verdetto unanime il gran premio per la Cucina all’olio extravergine con il piatto “Profumo”, una sfera di tartare di gamberi profumata al gin tonic. E ancora Italia, con l’anteprima del libro Sei, di Bob Noto e Alessandra Meldolesi, editore Ginfilippo Coletta, che raccoglie esperienze e ricette di Carlo Cracco, Davide Scabin, Enrico Crippa, Moreno Cedroni, Massimo Bottura e Paolo Copriore, come dire il meglio della “nuova cucina italiana”, innovativa ma fortissimamente identitaria, cioè portatrice di sapori che sono inequivocabilmente italiani. E con un Piemonte rappresentato al massimo: nel vino con Angelo Gaja, Bruno Ceretto, Bruno Rocca, Walter Massa, Romano Dogliotti, nel riso con Acquerello, nel cioccolato con Guido Gobino, nei formaggi con Luigi Guffanti e con un’ambitissima cena tutto tartufo garantito d’Alba (tutto esaurito, nonostante i 250 euro del ticket di partecipazione).
Naturale e condivisa, quindi la constatazione di quanto ancora sia in crescita in tutto il mondo l’apprezzamento per la cucina italiana, per i cuochi, soprattutto per i prodotti pur nella sostanziale assenza e nella dispersione di ingenti risorse pubbliche da parte di chi il “sistema Italia” dovrebbe istituzionalmente promuovere.

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